Le sfide a cui la società civile è chiamata a rispondere nel frangente storico che stiamo vivendo sono molte: la pace, i cambiamenti climatici, l’inclusione dei giovani e le necessarie risposte da dare alle fragilità emergenti, da tempo quindi, risulta urgente partire da un confronto sui motivi per cui ritrovarsi e fare progetto, al fine di realizzare nuove opportunità e possibili forme di presenza, fondate su una precisa idea di società rinnovabile e rinnovata a partire dalle diverse comunità. È d’obbligo offrire ai territori qualcosa di più di un indice di questioni aperte, addirittura ancora in forma di bozza. Infatti, è indispensabile passare ad un progetto omogeneo, in base al quale ognuno possa offrire il proprio contributo di idee, per riempirlo anche di proposte concrete. La scelta dei contenuti viene prima degli eventuali contenitori, che in qualunque caso per essere veramente utili devono essere necessariamente condivisi non solo nel merito, ma anche nel metodo dell’elaborazione.
Oggi, infatti, è più importante la premessa con l’indicazione dello spirito progettuale, del senso di servizio e del valore amicale del mettersi insieme, per la realizzazione immediata di quello di cui c’è bisogno. Pertanto, il metodo è quello dell’alleanza, finalizzata ad elaborare idee e proposte condivise rispetto alle questioni individuate in uno spirito di fraterna collaborazione che abbia come fine esclusivo la tutela della persona e della “Casa comune” nella loro interezza.
La via è quella dell’alleanza tra imprenditori, amministratori e società civile, quale impegno comune per il futuro del nostro Paese. È questo che ci chiede il Magistero della Chiesa e è questo ciò ci ha insegnato don Adriano Vincenzi: è giunto il momento di agire, dando ognuno il proprio contributo. Montesquieu e de Tocqueville, ad esempio, concentrano la propria attenzione sulla capacità umana, come conoscenza intrinseca dei propri bisogni, che si giustifica quale dato naturale, e anche sull’azione come prolungamento e realizzazione dell’attore umano. La libertà – per Tocqueville – significa anzitutto la possibilità di andar a fondo con le proprie azioni, e lo stesso concetto include la partecipazione. Di de Tocqueville è importante ricordare la profetica critica nei confronti dell’egalitarismo spersonalizzante e dell’accentramento politico-amministrativo che produce società senza autonomia, e la particolare simpatia verso le pulsioni vitali della giovane democrazia americana. La capacità-autonomia emerge, più chiaramente, attraverso il confronto con le caratteristiche del potere dispotico, dell’imperium paternale e dello Stato paternalistico o dello Stato-tutore. In questo senso, de Tocqueville evidenzia la sproporzione e l’incongruenza fra un’amministrazione gigantesca e lontana e il carattere particolare e minuzioso dei compiti che essa è chiamata a svolgere. L’insistenza sull’autonomia-capacità e sul conseguente rifiuto di un intervento del potere pubblico, non rispettoso di questo dato ontologico prima che politico, porta l’attenzione sulla non-ingerenza, il divieto di intromissione eccessiva dell’apparato pubblico, ed in generale l’intromissione dei livelli “superiori” sugli ambiti dell’esercizio della libertà da parte dei livelli “inferiori”.
Ad oggi, partendo da questi assiomi, per favorire la partecipazione democratica e la risposta alle nuove fragilità, occorre tornare a valorizzare quel concetto di libertà descritto da Tocqueville che racchiude in sé la partecipazione alla vita delle comunità. Tutto ciò però, dovrà essere fatto tenendo saldamente presenti i principi della Dottrina Sociale della Chiesa ricordando sempre che, ogni persona, si definisce più per quello che fa che per quello che riceve o possiede. A ciò consegue che nella società occorre far di tutto per non privare alcuno dell’azione che può o vuole compiere, anche a favore della collettività. Ognuno però, soprattutto in questo difficile momento, deve concorrere alla realizzazione del bene comune, ovvero l’aspetto fondamentale e irrinunciabile per il futuro di tutti noi.