In Italia, la percentuale di Neet, ovvero i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, è una delle più alte d’Europa e si attesta attorno al 17,7 % (oltre due milioni di persone). La riduzione di questo tasso è uno degli obiettivi delle istituzioni europee dei diritti sociali che, entro il 2030, si sono prefissate di raggiungere la percentuale del 9%. Questi numeri, visti nel loro complesso, sono indubbiamente molto alti ma, le giovani generazioni, devono continuare ad agire per migliorare la condizione attuale e realizzare i loro sogni. Le istituzioni però ci devono supportare: servono maggiori investimenti in politiche attive del lavoro, che sappiano stimolare la capacità della persona per collocarla nel mondo del lavoro dopo dei corsi di studio adeguati che sappiano far incontrare nella maniera migliore le ispirazioni dei giovani con le esigenze del mondo produttivo.
I giovani sono una risorsa inestimabile per ogni paese e devono essere valorizzati. Ad oggi però, in molti casi, siamo considerati più figli che cittadini con diritti e doveri. Questo provoca un cortocircuito educativo e fa sì che, a volte, non si realizzino gli investimenti necessari per farci spiccare il volo. Il paradigma culturale deve cambiare: serve un nuovo atteggiamento culturale che, correlato ai giusti investimenti, ci metta al centro della società per migliorare il futuro di tutti e metterci nella condizione di aiutare i cittadini con fragilità. Papa Francesco, alla GMG di Lisbona, ci ha ricordato che il mondo ha bisogno di noi. Ci siamo e vogliamo fare la nostra parte per rendere migliore la nostra “Casa comune”.