Si celebra oggi la Giornata Mondiale Parkinson, voluta dall’European Parkinson’s Disease Association (EPDA), a ricordo di James Parkinson, un giovane medico inglese che per primo nel 1817 descrisse gran parte dei sintomi della malattia in un famoso libretto, il “Trattato sulla paralisi agitante“. Si riconosce infatti a lui il merito di aver descritto nella sua opera i sintomi più importanti del Parkinson.
Il morbo di Parkinson (MP) è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva e che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio. La storia della malattia è molto lunga: la prima descrizione sarebbe stata trovata in uno scritto di medicina indiana che faceva riferimento ad un periodo intorno al 5.000 A.C. ed un’altra in un documento cinese risalente a 2.500 anni fa.
Si dovrà però aspettare i primi del ‘900 per identificare le particelle microscopiche del cervello colpite dalla malattia e per scoprire che la principale struttura cerebrale colpita dal Parkinson è la Substantia Nigra; la svolta si avrà poi nel 1960 con l’identificazione della Dopamina e del suo ruolo nella malattia.
La malattia di Parkinson, che è la seconda malattia neurodegenerativa dopo l’Alzheimer, è diffusa in tutto il mondo ed in tutti i gruppi etnici, è in costante incremento soprattutto per l’aumento dell’aspettativa di vita media. Si riscontra in entrambi i sessi, ma con una lieve prevalenza in quello maschile (60% vs 40%).
Circa il 20% dei pazienti presenta una storia familiare positiva per la malattia; si stima che i familiari di persone affette da malattia di Parkinson presentino, rispetto alla popolazione generale, un rischio di sviluppare la patologia lievemente superiore.
Nel nostro paese, si contano circa 300.000 malati affetti da tale patologia e, se immaginiamo che ad ogni paziente è associato almeno un caregiver, è facilmente intuibile che si tratta di un fenomeno che riguarda più di mezzo milione di persone.
L’età media di inizio è intorno ai 58-60 anni, ma il 5 % dei pazienti circa può presentare un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni. Prima dei 20 anni è estremamente rara. Sopra i 60 anni colpisce 1-2% della popolazione, mentre la percentuale sale al 3-5% quando l’età è superiore agli 85.
Molteplici sembrano essere gli elementi che concorrono al suo sviluppo: genetici, tossici (pesticidi, idrocarburi-solventi), professionali (saldatori), mentre paradossalmente il fumo di sigaretta sembra rappresentare un fattore protettivo.
Nel MP determinate cellule all’interno del cervello, responsabili della produzione di una sostanza chimica chiamata Dopamina, cessano gradualmente di funzionare correttamente diminuendone la produzione e determinando conseguentemente un invio più lento dei messaggi provenienti dal cervello, che comunicano al corpo come e quando muoversi, tanto che i pazienti sono incapaci di iniziare un movimento e tenerlo poi normalmente sotto controllo.
Nella forma tipica, l’esordio della malattia si presenta interessando unicamente un lato del corpo per poi estendersi anche nell’altro. La sintomatologia pertanto può essenzialmente essere caratterizzata dai cosiddetti sintomi motori: Tremore (a riposo) ritmico involontario, Rigidità muscolare, Bradicinesia (movimenti rallentati) e, in una fase più avanzata, l’Instabilità posturale (perdita di equilibrio); questi sintomi si presentano in modo asimmetrico ove un lato del corpo, risulta essere più interessato dell’altro.
Accanto a tale sintomatologia di tipo motorio possono presentarsi, soprattutto nella fase avanzata della malattia, disturbi di tipo psichiatrico (apatia, depressione, psicosi, sindrome da discontrollo degli impulsi), che rendono, per il paziente, ancor più gravosa l’evoluzione della malattia.
La diagnosi, essenzialmente clinica, viene posta sulla base dei sintomi (tremori, rigidità, rallentamento, disturbi della deambulazione) rilevati da una visita neurologica e coadiuvata dalla neuroradiologia (RMN cerebrale, SPECT-DAT SCAN, PET).
La malattia, implica una gestione del paziente a lungo termine che va dalla terapia farmacologica a quella interventistica, ai programmi riabilitativi, all’assistenza domiciliare, al sostegno socio-assistenziale, al supporto del caregiver e richiede pertanto il coinvolgimento e l’intervento di numerose figure assistenziali per una gestione multidisciplinare integrata. Grazie alle avanzate tecniche di biologia molecolare, l’attenzione si sta focalizzando sulla terapia genica e sulle cellule staminali pluripotenti adulte.
Tante sono state le personalità famose colpite da questa malattia, basti pensare a Francisco Franco, Mao Tse Tung, Breznev, Yasser Arafat nel panorama della politica, Salvador Dalì in quello dell’arte, Charlie Chaplin nella cinematografia, Muhammad Alì in quello dello sport.
Ma tra tutte, piace ricordare San Giovanni Paolo II che, in una società come la nostra che tende a stigmatizzare le persone non più efficienti fisicamente, non esitò a mostrarsi pubblicamente fino alla fine, testimoniando così al mondo che, anche la malattia e la sofferenza che ne consegue, possono essere vissute con dignità e serenità.