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Il “noi” educativo è alla base dell’istruzione

Il 15 luglio è la data in cui si celebra la Giornata mondiale delle capacità dei giovani. Essa è stata istituita dall’ONU e vuole far riflettere sull’importanza di un impegno attivo da parte degli stessi giovani al fine di favorire la creazione di società sostenibili, stabili ed inclusive scongiurando conflitti, disoccupazione, diseguaglianza e migrazioni.

Nel rapporto di Save the Children Protect a generation emergono dati allarmanti:
“[…] Solo nel 2020 117 milioni di bambini in più nel mondo potrebbero cadere in povertà; 9,7 milioni di minori rischiano di non tornare mai più a scuola, 80 milioni di bambini rischiano di non poter ricevere vaccini essenziali. Gravi conseguenze sui bambini che non risparmiano neanche il nostro Paese: entro la fine dell’anno, in Italia, 1 milione di minori in più potrebbero scivolare nella povertà assoluta, il doppio rispetto a quelli del 2019 […]”.

I dati appena riportati si uniscono ad ulteriori dati allarmanti: 1 miliardo e 200 milioni di bambini è fuori dalla scuola o/e non riceve alcun tipo di istruzione. Prima del covid-19 il dato era fermo a circa 260 milioni.
L’assenza di scuola favorisce l’aumento dello sfruttamento legato al lavoro minorile ed alimenta ancor più il maltrattamento delle bambine e, in senso lato, di molte donne in tanti Paesi. Un problema meno noto, ma sempre più emergente, è quello inerente alla mutilazione genetica femminile, causata anche dal maggior tempo a disposizione vista l’assenza di istruzione. È una situazione di una gravità assoluta.

Inoltre, v’è una problematica correlata alla scuola: la fame. La scuola, infatti, per molti bambini costituisce l’unico luogo in cui è garantito almeno un pasto, che viene così a mancare e ad acuire una situazione già molto precaria e oltre i limiti della minima resistenza, soprattutto nei Paesi del Terzo e dell’ormai Quarto mondo.

Aumenta in maniera pressoché costante la dispersione scolastica. La DAD nei Paesi sottosviluppati è una chimera o è svolta per pochi e non sempre nella maniera adeguata.
Se, quindi, il panorama mondiale è molto preoccupante, bisogna, in una visione olistica, cogliere anche gli aspetti positivi post-pandemia.

La Giornata mondiale delle competenze della gioventù in questo anno 2021 rende omaggio alla resilienza, all’adattabilità e alla creatività dei giovani durante la crisi. Secondo un sondaggio dell’UNESCO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, dell’Organizzazione internazionale del lavoro e dalla Banca mondiale, l’apprendimento telematico è diventato il modo più comune di impartire competenze nel settore, ma gli istituti di istruzione e formazione professionale hanno affrontato sfide uniche a causa della loro attenzione alle abilità pratiche e quindi della necessità di adattare i processi di curricula, valutazione e certificazione per la consegna online.

La competenza legata alla resilienza è di fondamentale importanza perché implica la capacità attivare dentro sé la forza di resistenza dello spirito funzionale a fronteggiare situazioni difficili.

Ma quali sono le competenze più importanti da sviluppare per i giovani?
Nel 2006 il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato una raccomandazione relativa alle cosiddette “competenze chiave”, cioè a quella combinazione di “conoscenze, abilità e atteggiamenti” utili per affrontare le sfide della globalizzazione e della società attuale.
Le raccomandazioni del 2006 sono state innovate ampiamente nel 2018 come segue:
competenza alfabetica funzionale;
competenza multilinguistica;
competenza matematica e competenza di base in scienze e tecnologie;
competenza digitale;
competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare;
competenza sociale e civica in materia di cittadinanza;
competenza imprenditoriale;
competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.

Tali competenze chiave possono e devono essere acquisite in ambienti di educazione formale e informale.
Accanto ad esse, in termini di orientamento professionale, oggi si parla molto anche di life skills, ovvero l’insieme di abilità sociali, cognitive e personali che consentono di affrontare positivamente le richieste e le sfide che ci riserva la vita quotidiana. Si parla anche molto di soft skills, ossia le competenze trasversali, le competenze che insistono non sul livello della preparazione o della capacità tecnica delle persone, ma su dimensioni più estese che riguardano le relazioni e i tratti della personalità, le modalità di porsi con gli altri e quelle “procedurali” di svolgimento del lavoro.

In riferimento alle life skills, teniamo conto, in linea con l’OMS, ben dieci competenze specifiche che proprio tutti possono imparare:
la capacità di prendere decisioni (decision making);
la capacità di risolvere i problemi (il problem solving),
il pensiero creativo, ovvero l’abilità di trovare soluzioni alternative alle svariate situazioni che si presentano nella vita;
il senso critico, ossia la capacità di ri-elaborare in modo autonomo e oggettivo situazioni e avvenimenti;
la comunicazione efficace, cioè il sapersi esprimere in modo efficace nelle diverse situazioni;
la capacità di relazionarsi con gli altri, consistente nell’abilità di stabilire e mantenere relazioni significative in modo positivo e nel saper interrompere relazioni, se necessario, in modo costruttivo e non violento;
la conoscenza di sé, delle proprie abilità, dei propri punti di forza e di debolezza e dei propri bisogni;
l’empatia, ovvero la capacità di immedesimarsi nell’altro”;
la gestione delle emozioni, ossia la consapevolezza delle proprie emozioni e la capacità di gestione delle stesse in un contesto multiplo;
la gestione dello stress, cioè la capacità di riconoscere le cause che creano tensione, di saper mettere in atto dei cambiamenti, di sapersi adattare alle situazioni.

È possibile imparare le life skills?
Assolutamente sì. E La scuola rappresenta il luogo ideale dove gli studenti possono apprendere tali competenze che sono fondamentali per la “dimensione sociale” verso la quale si muovono i giovani… questo perché è il primo esempio e prototipo di “ambiente sociale” nel quale ci siamo mossi praticamente tutti.

Il ruolo della scuola è, da questo punto di vista, realmente strategico nella preparazione delle risorse umane, visto che poi aziende o Università organizzano spesso corsi di formazione per l’apprendimento delle life skills, rivolti ai dipendenti o ai giovani. Perché? Perché nella pratica quotidiana è fondamentale prima ancora di saper lavorare essere in grado di relazionarsi efficacemente e saper negoziare con gli altri.

Per ciò che riguarda le soft skills, è importante sottolineare quali sono e quali saranno le competenze trasversali più richieste d’ora in avanti:

Il problem solving, utile per comprendere quelle abilità implicate nella ricerca di una soluzione, meglio ancora se originale e totalmente fuori dagli schemi;

la creatività, importante perché fa la differenza come dimostra il successo delle start-ups;

la negoziazione, rilevante perché funzionale all’ascolto e alla mediazione;

il lateral thinking, cosiddetto pensiero laterale, che prevede l’osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta al problema;

la capacità decisionale, ovvero saper prendere decisioni efficaci per identificare il possibile corso delle azioni con visione e senso di responsabilità, con una buona dose di coraggio;

il team management, ossia la capacità di essere un buon leader. Esserlo significa sapersi esprimere e saper ascoltare, tessere relazioni solide con il proprio gruppo di lavoro e valorizzare ogni membro del gruppo stesso, motivandolo costantemente;

l’intelligenza emotiva, cioè la capacità di riconoscere, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni è fattore fondamentale per chiunque debba lavorare in un gruppo di lavoro;

il pensiero critico, consistente nella capacità di trovare soluzioni, distinguersi positivamente attraverso brillantezza e capacità di innovare con le idee;

la gestione dello stress, ovvero la caratteristica per cui v’è la consapevolezza dei propri limiti e dei propri bisogni da parte dell’’individuo;

la proattività, ossia la capacità di prendere iniziative in misura maggiore di quanto richiesto dalle mansioni e dalle attività standard affidateci, con rispetto e discrezione.

Da quanto sin qui detto, emerge in maniera molto evidente come l’istruzione sia, oggi, fondamentale. È un elemento indispensabile per preparare i giovani al futuro. In tal senso, fondamentale è l’orientamento, ovvero la capacità di accompagnare i giovani verso la scelta di una direzione professionale in linea con le loro inclinazioni e competenze. Per farlo c’è bisogno di richiamare i concetti cardine dell’istruire e dell’insegnare: facilitare apprendimento.

Con i giovani, bisogna certamente ricordarsi l’importanza di essere riferimenti costanti, testimoni. Spesso ricordo come sia finita l’epoca dei peacemaker e sia giunta l’era dei pacemaker.
È finita l’epoca dei predicatori. È giunto il momento dei testimoni, dei battistrada, di coloro che insegnano attraverso l’esempio.
Nella Giornata delle competenze dei giovani non possiamo dimenticarci che essi sono frutto dello specchio che hanno dinanzi. Noi abbiamo una bella responsabilità ma spesso ce ne dimentichiamo. Noi adulti possiamo e dobbiamo accompagnare questi giovani, non essendo sostitutivi e provando ad essere responsabilizzanti. Favorire autonomia significa lasciare che i ragazzi esplorino, sbaglino, imparino e ci stupiscano. Noi adulti abbiamo il compito di esserci in maniera discreta. La quantità del tempo nostro con loro è aumentata ma è diminuita la qualità. L’istruzione parte dall’incontro. L’incontro può essere decisivo.
Dobbiamo smetterla di pensare che i giovani siano allo sbando. Loro ci cercano. Hanno competenze e vogliono acquisirne sempre più ma hanno un disperato bisogno di incontrarci davvero, in profondità.

L’istruzione si può fare anche a partire da un dialogo, senza bisogno di una stanza. La stanza la fa l’incontro. L’istruzione la fa lo scambio autentico. L’educazione la fa la testimonianza. Le competenze nascono da un “noi” che contempla l’I care, il prendersi cura di noi e dell’altro sia da parte di noi adulti che da parte dei giovani. Se la direzione è comune, i dati negativi che abbiamo citato possono lasciare spazio ad uno sguardo di speranza.

La Giornata mondiale delle competenze della gioventù di questo 2021 renda, come detto, sì omaggio alla resilienza, all’adattabilità e alla creatività dei giovani durante la crisi ma sia uno sprone per tutti a ricordare che le competenze devono necessariamente passare dall’incontro umano da persona a persona perché esse hanno la funzione di rendere ancora più completo e integro l’essere umano.

I giovani certamente possono fare di più. Noi adulti ed educatori in genere possiamo fare di più. Le istituzioni possono fare di più. Intanto, però, c’è un oggi che ci richiama all’importanza di costruire ponti educativi anziché lacrimare esclusivamente sulle strade ostruite o sulle varianti mancanti. C’è un oggi che ha un nome: incontro. L’istruzione ha la sua origine nell’incontro. Le competenze sono il risultato dello scambio profondo tra un Io e un Tu.

Il “noi” educativo è alla base dell’istruzione. Ogni competenza sarà ben acquisita se sarà stata risultato di un’interazione cha ha lasciato il segno. L’istruzione ha, però, un compito più alto: lasciare in eredità un sogno possibile. I giovani non chiedono altro. Non impediamolo. Agiamo insieme a loro. Rischieremo di far sì che la giornata delle capacità dei giovani si trasformi nella giornata dei sogni realizzati. Sarebbe bellissimo. Crediamoci e non fermiamoci, soprattutto ora. I giovani ci aspettano. Non deludiamoli e loro ricominceranno a crederci davvero!

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