Si celebra oggi la āGiornata Internazionale per la Commemorazione e la dignitĆ delle vittime di genocidio e della prevenzione di questo crimineā, istituita nel settembre del 2015 dallāAssemblea generale delle Nazioni Unite, nella ricorrenza dellāanniversario dellāadozione della āConvenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidioā.
Il 9 dicembre 1948, infatti, l’Assemblea Generale dell’ONU, il giorno prima dellāadozione della āDichiarazione universale dei diritti umaniā, approvava, allāunanimitĆ , anche la āConvenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidioā, entrata in vigore nel 1951. GiĆ nella Risoluzione del 1Ā° dicembre 1946, il genocidio era stato considerato come un crimine di diritto internazionale, contrario allo spirito e ai fini delle Nazioni Unite e condannato dal mondo civile.
Precisando nellāart. 1 che il genocidio ĆØ un crimine internazionale, che le Nazioni Unite sāimpegnano a prevenire e a punire, sia avvenga in tempo di guerra, sia in tempo di pace, si elencano dettagliatamente nellāart. 2 gli atti che ne configurano la fattispecie, finalizzati a ādistruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come taleā. Tale definizione ĆØ stata accolta nellāart. 6 dello āStatuto della Corte Penale Internazionaleā, firmato a Roma il 17 luglio 1998.
La categoria giuridica e il termine stesso di āgenocidioā (un neologismo composto da āgenosā, stirpe, in lingua greca, e ācaedereā, uccidere ma anche sterminare) sono unāelaborazione del giurista ebreo-polacco Raphael Lemkin, a partire dalllo studio della vicenda della persecuzione e dai massacri degli Armeni in Turchia negli anni della Prima guerra mondiale e, soprattutto, della tragedia della deportazione e dello sterminio degli Ebrei durante la Seconda guerra mondiale. A partire, in questo secondo caso, anche dalla sua personale esperienza.
Connotazione peculiare del genocidio ĆØ il suo essere un crimine perpetrato intenzionalmente e sistematicamente dallo Stato, con la mobilitazione dei suoi apparati, che cercano o, in ogni caso, si giovano, nella societĆ civile, se non della collaborazione, certamente dellāindifferenza-distrazione di molti. Un crimine contro lāumanitĆ non prescrivibile e punibile anche retroattivamente, come giĆ si sperimentĆ² da parte del Tribunale Militare Internazionale nel Processo di Norimberga, svoltosi Ā dal 20 novembre 1945 al 1Āŗ ottobre 1946Ā contro i principali capi della Germania nazista.
Il genocidio, pur essendo una fattispecie giuridica definita e sancita nella Convenzione del 1948 e nello Statuto della Corte Penale Internazionale del 1998, continua ad essere un termine controverso. Da un lato persino nei confronti della deportazione e dello sterminio degli Ebrei, su cui sono disponibili una documentazione e una memorialistica amplissima, sono ricorrenti atteggiamenti negazionisti o riduzionisti. Dallāaltro, specialmente nella polemica politica si tende a definire come genocidi i ricorrenti massacri della storia passata e anche del presente, con il rischio di diluirli, Shoah compresa, nel mare magnum indistinto delle violenze pubbliche e private, specie in periodi di conflitti bellici.
Ho un ricordo personale emblematico al riguardo: durante un mio soggiorno in unāuniversitĆ americana, incontrai una mite anziana bibliotecaria, scappata dallāUngheria dopo lāinvasione sovietica del 1956, sempre pronta a trovarmi libri per la preparazione di un saggio, āIl lato oscuro della modernitĆ . Genocidi e violenze di Stato nel Novecentoā. Un giorno, dopo avermi visto discutere al riguardo con un professore ebreo, mi sussurrĆ²: āSempre a lamentarsi questi Ebrei, come se fossero stati le uniche vittime! Eravamo in guerra e sono morti in tantiā.
Si comprende, quindi, perchĆ© gli studiosi, ebrei e non solo, abbiano insistito nel sostenere ālāunicitĆ della Shoahā. Ć pur vero, tuttavia, che le categorie elaborate da Raphael Lemkin nel suo magistrale studio, āIl governo dellāAsse nellāEuropa occupata; Leggi sull’occupazione, analisi del governo, proposte di risarcimentoā, pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1944 e lāarticolato complessivo della āConvenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidioā del 1948, hanno fornito le categorie giuridiche per riconoscere altri genocidi del āsecolo degli estremiā appena trascorso: nellāordine, il genocidio degli Armeni; accanto alla Shoah, il Porrajmos, ossia il genocidio dei Rom e dei Sinti dāEuropa; lāautogenocidio della Cambogia per opera dei Kmer Rossi, nel 1975; il genocidio etnico dei Tutsi del Ruanda ad opera degli Hutu, nel 1994 e, infine, il genocidio di Sbrenica, nel luglio 1995, nel contesto della guerra serbo-bosniaca.
Senza entrare nel merito di questi genocidi, riconosciuti in campo internazionale, occorre precisare che la Turchia, nel caso del genocidio degli Armeni, continua a sostenere che si sia trattato solo di un progetto, messo in atto e mal condotto, anche per carenza di risorse, di evacuazione e trasferimento della popolazione armena, accusata di connivenza con i nemici russi confinanti, verso le coste sudoccidentali della Penisola Anatolica.
Non ĆØ superfluo ricordare che i piĆ¹ convinti sostenitori di questo progetto erano i cosiddetti Giovani Turchi, che con Kemal Ataturk posero fine allāImpero Ottomano. Erano rigorosamente laici, imbevuti di valori nazionalistici dellāEuropa d’allora e anche grandi ammiratori della Germania. Ć stato il Tribunale Permanente dei popoli che nel 1984 ha giudicato āil governo dei Giovani Turchi colpevole di genocidioā.
Occorre, infine, fare menzione di un altro genocidio, il primo del Novecento, come ha riconosciuto il rapporto Whitaker delle Nazioni Unite nel 1985. Un genocidio ammesso ormai anche dallo Stato, la Germania, che ne fu lāartefice: ne furono vittime gli Herero e i Nama nellāAfrica del Sud Ovest, oggi Namibia, allora, assieme al Tanganica e al Ruanda, colonie dellāImpero Tedesco.
A seguito di un tentativo di rivolta della tribĆ¹ degli Herero, le autoritĆ della colonia tedesca, il cui primo governatore era stato Heinrich GĆ“ring, padre di Hermann GĆ“ring, il piĆ¹ stretto collaboratore di Hitler, morto suicida per sfuggire alla condanna a morte del Tribunale di Norimberga, sterminarono lā85% della popolazione, confinando i pochi sopravvissuti in aree desertiche, per utilizzarli come schiavi. Hannah Arendt, nel suo magistrale libro, āLe origini del totalitarismoā, ha sostenuto che la vicenda degli Herero, cosƬ come, piĆ¹ in generale, āla distruzione dei popoli coloniali fu una preparazione allāOlocaustoā.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite, AntĆ³nio Guterres, nel messaggio per āGiornata Internazionale per la Commemorazione e la dignitĆ delle vittime di genocidio e della prevenzione di questo crimineā, ha scritto: “Oggi ricordiamo e rendiamo omaggio alle vittime e ai sopravvissuti di genocidi nel mondo. Questo giorno serve a riesaminare la nostra incapacitĆ collettiva di prevenire questo crimine nel passato, e raddoppiare le azioni di prevenzione per il presente e il futuro”.
A piĆ¹ di 70 anni dallāadozione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, la minaccia di genocidio permane in tante parti del mondo. La discriminazione e lāincitamento allāodio, primi segnali di allarme di genocidio, sono in crescita ovunque. Dobbiamo fare di piĆ¹ per promuovere una forte leadership politica e dobbiamo agire con decisione contro queste pericolose tendenze. Dobbiamo fare di piĆ¹ per adempiere al nostro impegno per liberare lāumanitĆ dal flagello del genocidio.
Concludendo, ricordo che domani sarĆ , invece, la āGiornata mondiale dei diritti umaniā, istituita fin dal 1950, per ricordare la data in cui, nel 1948, lāAssemblea Generale ONU adottĆ² la āDichiarazione Universale dei Diritti Umaniā. Marcelo Flores, uno storico di grande valore, studioso di fama anche dei genocidi, in un libro fresco di stampa per i tipi delle edizioni Il Mulino, āStoria dei diritti umaniā, ha scritto: āGli Stati non sono mai i primi a chiedere nuovi diritti. Sono costretti ad accettarli quando essi sono diventati patrimonio di gran parte della societĆ , che chiede o pretende, con gli strumenti a disposizione, di adeguarsi a questi ripetuti passi, a volte grandi a volte piccoli, verso una modernitĆ che coincide con piĆ¹ libertĆ , piĆ¹ uguaglianza, piĆ¹ solidarietĆ ā.