Il genio femminile al centro della Chiesa

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La valorizzazione del “genio femminile”, cioè la questione legata alle donne nella Chiesa, è stato uno dei risultati più eclatanti del Concilio. Il Vaticano II ha sancito la fine del secolare stato di minorità dei laici, in particolare delle donne, riconoscendo le loro responsabilità nella Chiesa, i loro carismi, le loro competenze specifiche. Ma poi, passata l’esplosione iniziale del post-Concilio, l’effervescenza laicale aveva perduto di vivacità, di iniziativa. Per poter operare alcuni rinnovamento, Francesco ha modificato il Codice confermando ufficialmente quello che le donne facevano da decenni nel servizio di trasmissione della fede, in quello all’altare, alla Parola, alla carità e all’accoglienza. Jorge Mario Bergoglio ha anche inserito alcune laiche e religiose in posti di responsabilità in Vaticano, fino all’inclusione nel recente Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità: 70 membri non vescovi la metà dei quali donne, laiche, religiose, tutti con diritto di voto.

Non per questo viene intaccata la natura episcopale del Sinodo: i membri laici vengono scelti dal Papa su un elenco delle Conferenze episcopali. Non è solo una questione di stile. “Il genio femminile si rispecchia nella Chiesa, che è donna”, insegna Jorge Mario Bergoglio che in più occasioni ha voluto spiegare il passo necessario che deve essere compiuto prima ancora nel pensiero e nella mentalità comune, più che nei fatti. Invitare a parlare una donna non è entrare nella modalità di un femminismo ecclesiastico, perché alla fine ogni femminismo finisce con l’essere un “machismo” con la gonna. Invitare a parlare una donna sulle ferite della Chiesa è invitare la Chiesa a parlare su sé stessa, sulle ferite che ha. E questo credo che sia il passo che noi dobbiamo fare con molta forza: la donna è l’immagine della Chiesa che è donna, è sposa, è madre. Uno stile.

Senza questo stile parleremmo del popolo di Dio ma come organizzazione, forse sindacale, ma non come famiglia partorita dalla madre Chiesa. Entrare nel mistero femminile della Chiesa, secondo Francesco, vuol dire comprendere a pieno la dimensione della vita, essere partecipi di ciò che accade appunto quando una madre dà alla luce un figlio. Perciò non si tratta soltanto di mettere le donne nei ruoli chiave della Chiesa, quanto di ripensare la Chiesa con le categorie e lo stile della donna. “Non si tratta di dare più funzioni alla donna nella Chiesa – sì, questo è buono, ma così non si risolve il problema – si tratta di integrare la donna come figura della Chiesa nel nostro pensiero. E pensare anche la Chiesa con le categorie di una donna”, sostiene Francesco.

“Quanto grande sia la dignità della donna- disse Giovanni Paolo II all’ Angelus del 25 giugno del 1995- è possibile intuirlo già solo dal fatto che l’eterno Figlio di Dio ha voluto nascere nel tempo da una donna, la Vergine di Nazaret, specchio e misura di vera femminilità”. E l’attenzione del Magistero pontificio alla dignità della vita è in primo luogo attenzione alla dignità del ruolo della donna. “Ogni violenza inferta alla donna è una profanazione di Dio, nato da donna. Dal corpo di una donna è arrivata la salvezza per l’umanità: da come trattiamo il corpo della donna comprendiamo il nostro livello di umanità – sottolinea Francesco-. Quante volte il corpo della donna viene sacrificato sugli altari profani della pubblicità, del guadagno, della pornografia, sfruttato come superficie da usare. Va liberato dal consumismo, va rispettato e onorato; è la carne più nobile del mondo, ha concepito e dato alla luce l’Amore che ci ha salvati!” Oggi pure, aggiunge Jorge Mario Bergoglio, “la maternità viene umiliata, perché l’unica crescita che interessa è quella economica. Ci sono madri, che rischiano viaggi impervi per cercare disperatamente di dare al frutto del grembo un futuro migliore e vengono giudicate numeri in esubero da persone che hanno la pancia piena, ma di cose, e il cuore vuoto di amore”.