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“Fratelli tutti”: un’enciclica per un mondo fortemente in crisi… anche pre-pandemia

Era il 4 febbraio 2019, quando papa Francesco, in viaggio apostolico negli Emirati Arabi, insieme a Ahmad Al-Tayyeb, grande imam di Al-Azhar, firmarono il documento sulla fratellanza umana, preludio a quella che poi sarebbe stata l’enciclica sociale del Santo Padre “Fratelli tutti”, del 3 ottobre 2020. Due forti richiami alla fratellanza e all’amicizia sociale indirizzati a tutti gli uomini di buona volontà, al di là dell’appartenenza etnico-religiosa, quale cura “alle ombre di un mondo chiuso”.

Mutuando il titolo da un’ammonizione di San Francesco, con cui si rivolgeva a tutti i fratelli e le sorelle, il Papa ha voluto approfondire nell’enciclica ciò che aveva anticipato nel documento condiviso negli Emirati, sottolineando uno dei consigli del santo assisano: promuovere “un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio”. È chiaro per il Pontefice, in base a quanto scrive, che la fraternità e l’amicizia sociale non sono da ricercarsi nella sola forza della parola, ma nei fatti concreti con i quali, anzitutto, ciascuno è chiamato ad intessere relazioni buone.

Partendo dalla parabola del Buon Samaritano (Lc 10, 25-37), quale icona biblica alla quale ispirarsi, papa Francesco, infatti, ha parlato con la Fratelli tutti al cuore dell’umanità, troppo spesso divisa ed in conflitto, invitando così ad alzare lo sguardo da sé stessi per porlo verso l’altro, così da preoccuparsi ed occuparsi dei fratelli e delle sorelle, facendosene anche carico, come il samaritano con il malcapitato sulla via di Gerico. Prassi questa non riducibile alla piccola comunità, ma esperibile anche globalmente attraverso “la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune. Purtroppo, invece, la politica oggi spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso”.

Molti sono gli attuali fenomeni che generano divisione: basti pensare al terrorismo fondamentalista che miete annualmente un gran numero di vittime, o all’estrema povertà di molti popoli dovuta alla non equa distribuzione delle ricchezze e al neocolonialismo economico, o ai flussi migratori delle popolazioni in conflitto che non trovano riparo in altri paesi o non sono aiutati nel grave e necessario compito di generare processi di pace.

Dunque, un’enciclica per un mondo fortemente in crisi, anche dapprima della pandemia, perché “la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro. Si accendono conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi. In vari Paesi un’idea dell’unità del popolo e della nazione, impregnata di diverse ideologie, crea nuove forme di egoismo e di perdita del senso sociale mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali. E questo ci ricorda che «ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte.

È il cammino. Il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno. Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi, e goderlo come se tale situazione ci facesse ignorare che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti” (Fratelli tutti, n. 11).

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