C’è un particolare che sta emergendo in questo ore sull’unico sopravvissuto della tragedia del Mottarone. L’abbraccio del padre. I medici ritengono che la ragione per la quale il piccolo Eitan sia ancora in vita è perché il padre lo ha protetto col suo abbraccio. Non ci sono altre spiegazioni. Quando quella maledetta cabina è iniziata a scivolare all’indietro era ormai giunta a destinazione. Mancavano cinque metri alla stazione finale, l’addetto aveva già aperto il cancelletto, quando improvvisamente si sente un sibilo. Una fune si spezza schizzando come una frusta. Il freno non si aziona e la cabina inizia a scivolare all’indietro. Per 400 lunghissimi metri accelera fino a raggiungere i 120 Km orari. In pochi secondi arriva in corrispondenza del pilone precedente, dove c’è un cambio di pendenza, e qui la cabina, con i suoi 15 passeggeri, prende letteralmente il volo. Il pilone, dicono gli esperti, ha fatto da trampolino provocando un salto nel vuoto di 54 metri. Poi l’impatto col terreno, lo schianto, la cabina che rotola per altri trecento metri per fermarsi infine contro alcuni alberi. Una devastazione.
Per questo i medici ritengono che Eitan, l’unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, si sia salvato grazie all’abbraccio del padre, Amit Biran, medico trentenne. E’ probabile che il padre, Amit, che ha conosciuto la guerra e che ha studiato per salvare vite, con un gesto istintivo lo abbia stretto a sé facendogli da scudo.
L’abbraccio è il primo gesto che una madre compie verso il figlio quando nasce. L’abbraccio protegge, rilassa, rincuora, riduce l’ansia, trasmette amore. L’abbraccio si dà nel dolore di un lutto e nella gioia di una nascita. E’ il gesto della condivisione per eccellenza. E’ quello che ricorda la nostra umanità perché ci mette in relazione con chi è al nostro fianco. Si dà tra genitori e figli, tra amici, tra amanti. L’abbraccio è il gesto che la pandemia ci ha portato via, ma è quello che presto ci riprenderemo. Perché l’abbraccio salva.