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Ecco perché l’aggressività di Omicron impedisce il “liberi tutti”

Logo Interris - Perché chi segnala per primo un'epidemia non viene creduto

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In queste ultime settimane abbiamo assistito ad un’importante impennata dei contagi (che negli ultimi giorni sembrano in lieve diminuzione), trascinati in alto dalla circolazione delle sotto varianti Omicron 4, ma soprattutto 5 a cui, al momento, si è accompagnata una crescita dei ricoveri in area medica ma non in terapia intensiva. Questo scenario dipende dal fatto che Omicron 4 e 5 sono molto trasmissibili (10 volte più del virus originale), ma risultano essere meno gravi, dal momento che causano, in misura minore, forme polmonari e si limitano per solito alle vie aeree superiori.

Per comprendere meglio questa situazione epidemiologica, si possono ricordare alcuni aspetti generali che riguardano i seguenti parametri: patogenicità, virulenza, trasmissibilità. La patogenicità, cioè la capacità di causare malattia da parte di un agente trasmissibile, in questo caso Omicron 4 e 5, è il prodotto della sua intrinseca aggressività (virulenza V) rapportato alla sua effettiva trasmissibilità (R). Un alto R può compensare una bassa V e questa situazione è quella che si verifica per Omicron e le sue sotto varianti che, colpendo molti individui, finisce per causare anche forme gravi interessando i soggetti fragili ed i non immunizzati.

Nell’attuale situazione epidemica quindi, anche a fronte di una minore virulenza di Omicron 4 e 5, non si può escludere che ci possa essere nelle prossime settimane anche un impatto su ospedali e terapie intensive, alimentato, per l’appunto, dal coinvolgimento di soggetti fragili e non vaccinati. Per ridurre o almeno contenere la circolazione virale, si può agire mantenendo le misure di prevenzione (ad esempio l’uso di mascherine) e completando la vaccinazione con la terza dose, per chi ancora non l’ha fatta e la 4° dose per gli eleggibili, soggetti fragili ed over 60. Molte persone, poi, non vanno in farmacia per fare i test, ma usano quelli fai-da-te e capita frequentemente che il materiale biologico non venga raccolto con la dovuta accuratezza. Perciò meglio un test in farmacia in diversi momenti nei quali si manifestano i sintomi o si è entrati a contatto con persone positive. I tamponi auto-eseguiti, o come sono usualmente chiamati in Italia “fai da te”, sono stati oggetto di un’attenta disamina da parte del Center for Diseases Control and Prevention statunitense che in una nota fornisce un video tutorial ed una serie di utili indicazioni agli utenti circa le modalità di esecuzione, l’interpretazione dei risultati ed i provvedimenti da assumere in caso di positività.

Covid, ecco perché nemmeno un tampone negativo può bastare come garanzia assoluta: i sintomi della malattia senza positività. Tra le misure di contenimento della pandemia è in discussione sia l’eliminazione del tampone di uscita sia l’interruzione della quarantena per chi non ha più sintomi. La federazione dell’Ordine dei medici (Fnomceo) richiama l’attenzione sui test che risultano negativi malgrado si manifestino i sintomi tipici del Covid. In alcuni casi, poi, il tampone diventa positivo soltanto quando i sintomi si attenuano o scompaiono per uno scarto temporale attestato da uno studio epidemiologico dell’Università del Michigan secondo cui «un test negativo in presenza di sintomi non può ess. Iere un lasciapassare per uscire».

Quindi i sintomi della malattia ma il tampone è negativo: ecco perché e come capire se non si è infetti. Si può ritenere che i sintomi precedano il risultato positivo ai test perché oggi il sistema immunitario si attiva molto più velocemente contro il virus. Cioè, all’inizio della pandemia (in assenza del vaccino), il virus poteva agire indisturbato per diversi giorni prima che il sistema immunitario reagisse. Adesso, invece, la reazione immunitaria è più rapida e può portare a casi in cui si hanno sintomi, ma non si risulta positivi. E’ diversa, inoltre, la dinamica con cui le più recenti varianti circolano nell’organismo. Queste, secondo alcuni studi, portano a un minore accumulo delle particelle virali nelle cellule del naso. Ciò rende più difficile l’individuazione del virus attraverso il tampone, pertanto sale la probabilità di falsi negativi.

Prof. Roberto Cauda: