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Il duplice aspetto di cui si compone il principio di sussidiarietà sociale

Nei miei due ultimi libri intitolati “Il principio di sussidiarietà orizzontale nell’ordinamento italiano. Analisi e prospettive, e La dimensione associativa del principio di sussidiarietà orizzontale. Alla luce della sentenza n. 131/2020 della Corte costituzionale”, ho sottolineato l’importanza del fatto che, l’argomento della sussidiarietà sociale, torni ad essere affrontato – nell’immediato ma anche in prospettiva – in considerazione del suo senso originale e della sua forza originaria di opportunità inclusive e democratiche.

Riprendere seriamente in considerazione il principio della sussidiarietà orizzontale, soprattutto in coda all’emergenza pandemica, può rappresentare il momento di riflessione rispetto alla ripresa e alla resilienza del nostro sistema di governo democratico.

La sussidiarietà si fonda su un’antropologia specifica. Si radica in una filosofia dell’uomo e della società, e scaturisce dall’incontro di una filosofia dell’azione umana con una precisa individuazione dell’interesse generale. L’individuo è considerato responsabile del proprio destino e capace di farsene carico. Tale filosofia nasce dal pensiero cristiano, con cui si consacra l’idea di persona come soggetto autonomo, che nessun potere può usare come mezzo. In tal senso il bene comune, che per i moderni si è tramutato nell’interesse generale, esprime l’esigenza di una certa redistribuzione dei beni, affinché coloro che sono meno favoriti conservino la loro dignità esistenziale a dispetto della loro incapacità, temporanea o meno, di occuparsi di sé stessi.

È evidente che la filosofia dell’azione umana e il perseguimento dell’interesse generale si contraddicono. Infatti, da un lato, la libertà, lasciata a sé stessa, genera disuguaglianze, e, dall’altro lato, l’esigenza di solidarietà impone necessariamente la restrizione di determinate libertà, in generale attraverso forme di livellamento delle situazioni.

Il principio di sussidiarietà si compone di un duplice aspetto che rifletta le due fondamentali esigenze, ossia il riconoscimento del diritto all’azione del singolo e dei gruppi sociali, e l’obiettivo del conseguimento dell’interesse generale. Il primo – di accezione negativa – comporta che lo Stato non debba impedire agli individui o alle formazioni sociali di compiere le proprie attività, sia quando rispondano all’interesse particolare, che quando realizzino l’interesse generale. Il secondo – di accezione positiva – comporta che ogni autorità ha il compito di incentivare, di sostenere e, da ultimo, se necessario, di supplire i soggetti incapaci.

La sussidiarietà, dopo diversi anni, torna in auge, per merito, ancora una volta, della giurisprudenza costituzionale. Con la sentenza n. 131 del 2020, la Corte costituzionale sviluppa in modo esteso la portata dell’applicazione della sussidiarietà orizzontale nel rapporto tra la Pubblica Amministrazione e gli Enti del Terzo settore, con un pronunciamento di grande portata.

La norma oggetto dell’intervento della Corte dispone che la Pubblica Amministrazione assicuri il coinvolgimento attivo degli Enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e di accreditamento. Nella sentenza, il Giudice delle leggi parla di espressa attuazione, in particolare, del principio di cui all’ultimo comma dell’art. 118 Cost., e che l’art. 55 Codice del Terzo Settore realizza per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria.

Già nel 2003, la Corte con la sentenza n. 303, in materia di sussidiarietà verticale, propone una procedura fra Stato e Regioni nell’ottica della flessibilità dell’allocazione delle competenze. L’art. 55, che apre il Titolo VII del Codice del Terzo settore, rappresenta dunque una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale nelle diverse dinamiche fra la società civile organizzata e le articolazioni della Repubblica. Ad avviso della Corte, si è identificato così un ambito di organizzazione delle libertà sociali non riconducibile né allo Stato, né al mercato, ma a quelle forme di solidarietà che, in quanto espressive di una relazione di reciprocità, devono essere ricomprese tra i valori repubblicani, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale costituzionalizzata.

La Corte costituzionale, in definitiva, non si limita ad affermare la piena e indiscutibile legittimità dell’articolo 55 CTS, ma lo indica come norma che per prima rende operativo il principio di sussidiarietà orizzontale.

A seguito della pronuncia costituzionale, sono stati adottati alcune norme di grande rilievo in termini di positività del principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale.

Le modifiche al Codice dei contratti pubblici, approvate in sede di conversione in legge del c.d. “Decreto semplificazioni”, il d.l. n. 76 del 2020, introducono in tre parti del testo la formula “fermo restando quanto previsto dal titolo VII del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117” (o formule simili), che in sostanza rappresentano un riconoscimento della pari dignità giuridica delle relazioni fra il pubblico e il privato e le dinamiche del mercato, che si fonda sul principio della concorrenza.

In tal senso, anche le “Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore” approvate con d.m. 72 del 31 marzo 2021, costituiscono un testo decisivo per diffondere le pratiche di co-programmazione, di co-progettazione, di accreditamento, e anche di convenzione con associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato, in particolare, nel trasporto sanitario di emergenza e urgenza.

La logica di queste di disposizione è quella di dare attuazione alla sussidiarietà orizzontale nell’ottica della coAmministrazione, o amministrazione condivisa, fra il Terzo Settore e la Pubblica Amministrazione nel perseguimento dell’interesse generale, rectius bene comune.

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