Oramai è assodato: soldi e successo non fanno la felicità. Il mantra che viene rilanciato continuamente dai mezzi di comunicazione di massa si è rarefatto e comincia a dileguarsi dopo aver occupato la scena dell’ultimo ventennio, dopo aver sacrificato tanti giovani e meno giovani, illusi di inseguire su queste strade le proprie soddisfazioni, dopo aver vanificato intere generazioni che avevano ben chiare le regole da seguire e gli obiettivi da raggiungere.
Alain Delon, mito del cinema per generazioni di adolescenti lo ha dichiarato senza mezzi termini: ho visto tutto, ho sperimentato tutto. Mi fa male l’era attuale in cui tutto è falso, tutto è stato sostituito, non c’è rispetto per la parola data, tutto ciò che conta sono soldi e ricchezza.
Gli fa eco Piero Angela, che lamenta che si punta troppo sulle prestazioni e troppo poco sui sentimenti, troppo egoismo e impoverimento emotivo. Un figlio deve prima diventare una persona con valori: non puntiamo solo sulle prestazioni.
Due icone del successo cinematografico e televisivo alle quali non è mancato ciò che oggi appare tanto ambito; eppure non hanno remore a distogliere l’attenzione di chi si illude che lì abiti la felicità.
Sono considerazioni che risalgono all’inizio dei tempi e la prima obiezione che si oppone è fin troppo banale: se i soldi non fanno la felicità, figuriamoci la miseria! Ma anche la risposta è altrettanto banale: bisogna capire bene dove si vuole guardare; se la felicità è possedere, allora i soldi sono indispensabili, se la soddisfazione è credere di apparire superiori agli altri, allora il successo è necessario. Ma se la felicità e la soddisfazione nascono dal proprio rapporto con il mondo e con gli altri allora sono entrambe condizioni che troviamo all’interno di noi stessi e non certo nei beni materiali di cui amiamo circondarci.
Ne ho avuto una piccola ma immensa prova: rientravo a casa quando l’autovettura ha iniziato a sobbalzare costringendomi a tentare di accostare sulla destra, operazione resa difficile dalla pioggia, dal traffico, dal buio e dal tratto scorrevole e privo della corsia di emergenza: si era bucata la ruota anteriore sinistra ed ho provato a proseguire fino ad un punto di diramazione dove sono riuscito con fatica ad accostare ma le auto mi sfrecciavano accanto in una condizione di pericolo; mi sono accorto che il telefono era scarico e non avevo con me il caricatore. Ho cominciato a disperare non trovando una soluzione, poi sono uscito dall’auto a rischio di investimento ed ho aperto il bagagliaio per prendere la ruota di scorta e provare a cambiarla, anche se in condizioni davvero critiche; dopo poco si è fermata un’auto con tre persone che mi hanno aiutato facendo scudo al traffico, sostituendo la ruota sotto la pioggia battente e scortandomi fino al successivo rifornitore per gonfiare la ruota di scorta. Non erano ricchi, non erano uomini di successo. Non hanno voluto nulla, hanno portato via solo la mia gratitudine e la benedizione per il gesto offerto.
Ne ho voluto dare notizia perché è di questo che abbiamo bisogno: non mi manca nulla eppure ieri ero impossibilitato a tornare a casa; senza quel piccolo ma enorme gesto di solidarietà e di aiuto non avrei risolto il mio problema e chissà cosa sarebbe accaduto. Può sembrare una banalità ma in quel momento la difficoltà era tanta e si è risolta con l’aiuto del prossimo.
Siamo troppo abituati al sensazionalismo, alle notizie catastrofiche, alle gesta eclatanti di superiorità e finiamo col perdere di vista il mondo reale che ci appartiene, quello fatti di piccoli gesti quotidiani, di amore e solidarietà che continuano ad occupare vistosamente le prime panche ma faticano a circolare in silenzio lì dove occorre. Un caro amico, famoso giornalista, mi fece notare che tra una coppia di giovani che nel silenzio di una camera si scambiano amore progettando la nascita di un figlio ed un camion che nel fare manovra rompe un’insegna stradale la notizia giornalistica è quest’ultima! Perché la cronaca nera riesce a suscitare più facilmente gli istinti ed attrae l’interesse, che è alla base delle vendite. Si sa, la strada del male è più comoda e facile perché è in discesa, ma porta in basso.