Lo stato dell’arte in relazione alla misura della cosiddetta “B1”, in Lombardia, è molto preoccupante. La prima nuova delibera risalente a dicembre 2023 e quella di marzo 2024, la quale va a tagliare i contributi di assistenza economica alle famiglie delle persone con disabilità, per un ammontare di 150 euro al mese, è molto grave. Occorre ricordare che, tali contributi, sono quelli provenienti dal Fondo Nazionale per la non Autosufficienza, e sono state generate dalla mancanza di servizi adeguati. Da allora ad oggi, purtroppo, i servizi erogati non sono migliorati ma, anche in Lombardia, hanno la caratteristica di essere “a macchia di leopardo”. Sono scarsi, dotati di personale non sufficientemente qualificato o poco formato perché pagato poco e, inoltre, non c’è la libertà di scelta. Le famiglie non possono scegliere da chi essere assistite, ma, per certi versi, sono un po’ obbligate a rivolgersi agli enti accreditati.
Tutto ciò è molto preoccupante e, tale delibera, mette una lista d’attesa per la misura B1. Pertanto, in caso di un nuovo accesso di una persona con disabilità gravissima, occorre attendere perché non ci sono fondi a sufficienza. Questo è assolutamente inaccettabile, sia dal punto di vista normativo ma soprattutto anche moralmente ed eticamente. Non si possono tagliare i contributi senza avere dei servizi all’altezza. Andremo in piazza, in maniera pacifica e festosa, per urlare questi elementi di giustizia, per far capire che, la nostra preoccupazione in qualità di familiari caregiver, è molto elevata.
Auspico che, per il futuro, si possa lavorare su una modifica del Piano Nazionale per la Non Autosufficienza, il quale è sbagliato alla base. Implementare i servizi va benissimo in quanto ne abbiamo assolutamente bisogno, ma non a scapito di un contributo economico che, ad oggi, le famiglie, utilizzano per acquistare servizi che non ci sono. Uno dei principi cardine della Convenzione Onu per i diritti delle persone con Disabilità è la libertà di scelta. Non bisogna ripetere ogni giorno le parole autonomia e indipendenza quando poi, all’atto pratico, si è obbligati a scegliere ogni dettaglio delle modalità di assistenza. Ognuno, con il contributo economico e/o i servizi adeguati, deve essere libero di scegliere, come prevede peraltro il “Progetto di Vita”. La situazione, sotto questo profilo, è sempre più preoccupante. Le istituzioni preposte, ovvero la Regione e i Comuni, devono ascoltare tutte le parti in causa, incrementando i fondi a disposizione e cambiando l’attuale paradigma, sia dal punto di vista sanitario che sociale.