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Le disabilità e le fragilità riguardano tutti i cittadini

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In questi tempi fortemente segnati dalla pandemia da Covid – 19, precisamente lo scorso 13 dicembre, l’associazione Aias di Sondrio, ha compiuto 50 anni. Ora, a qualche mese di distanza e dopo molte riflessioni, e giunta l’ora di tracciare un bilancio di questo mezzo secolo di attività. L’Associazione è stata costituita a Roma nel novembre del 1954 ad opera di alcuni genitori di bambini cerebrolesi. Genitori che, dopo aver preso conoscenza delle iniziative associative internazionali in atto negli Stati Uniti in Gran Bretagna e, dopo aver constatato nel nostro paese la carenza di strutture pubbliche ad hoc che la mancanza di conoscenza e consapevolezza delle difficoltà causate dalla Paralisi Celebrale Infantile, hanno sentito l’inderogabile esigenza di attivare anche in Italia una associazione in grado di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della disabilità, sulla necessità della ricerca e della prevenzione, nonché della cura e dell’assistenza a tutto campo delle persone colpite e del bisogno di supporto familiare.

Il seme di quel lontano novembre del 1954 ha dato origine ad un grande albero, alla cui ombra sono cresciuti tanti bambini, ragazzi, donne e uomini, persone che hanno incontrato la disabilità fin dalla nascita e molti volontari, operatori, genitori e amici che, con la loro opera di volontariato, attraverso una spiccata dedizione, gioie e sofferenze, hanno scritto la storia dell’Aias, nata dall’amore e cresciuta con lo stesso sentimento. Il risultato più grande e stato questo: le persone disabilità sono uscite dai luoghi di isolamento ove vivevano da sempre – case, istituti, ricoveri e nosocomi – senza riconoscimenti e senza diritti, sono stati “visti” come persone indipendentemente dalla disabilità, hanno diritti, si integrano, si educano, lavorano e svolgono tante attività. Ma molto resta ancora da fare.

L’Aias di Sondrio è sorta nel dicembre 1970, quando ancora in Italia nessuna legge si occupava e riconosceva l’esistenza delle persone con disabilità e l’opera quotidiana delle loro famiglie – a tal proposito si pensi che la prima legge in Italia, sollecitata dalle pressioni di tante associazioni sorti nel frattempo, e stata promulgata nel 1971 -; ha fatto e fa ancora oggi opera di volontariato a livello provinciale e non solo per le persone affette da Paralisi Celebrale Infantile, ma per le tante persone in condizioni di fragilità; conserva la memoria storica del welfare valtellinese in tema di disabilità. Cinquant’anni di attività non sono pochi nella vita di un’associazione come l’Aias, sempre in lotta con i tempi e i bisogni, sempre in cerca di soci nella comunità generale, dinamicamente proiettata in un processo di trasformazione della società, della concezione e della riorganizzazione della abilitazione e riabilitazione in Italia, dove le linee guida dei servizi sono in gran parte scaturite dalla credibilità e fiducia acquisite dalla nostra associazione con il tempo sul territorio, avendo fatto tesoro degli indirizzi tecnico-scientifico, sociali ed educativi con i quali si continua ad operare in vari campi, in particolare per quanto riguarda la prevenzione, l’abilitazione, la riabilitazione, l’educazione e l’inclusione.

Precedentemente ho detto: sempre in cerca di soci nella comunità generale, poiché la disabilità e la fragilità riguardano tutti i cittadini, non solo quelli direttamente coinvolti; questa è una grande questione sociale.

Tutto ciò costituisce il patrimonio culturale dell’Aias, di tutta l’Aias: particolarmente rilevanti sono state le spinte e le pressioni attuate a tutti i livelli nel corso degli anni per l’abbattimento delle barriere architettoniche e per l’emanazione di leggi nel settore. Nel 1977 la legge 517, elaborata sulla base della documentazione fornita dall’Aias nazionale, ha segnato un punto fermo per l’integrazione delle persone con disabilità nella scuola di tutti e, quindi, nella società. Questo è stato un grande segno di civiltà. La Sezione di Sondrio ha fatto sul territorio una dura battaglia per l’abolizione della scuola speciale, per togliere la scuola per persone con disabilità dall’ospedale ove era stata collocata, per attuare gli inserimenti scolastici ad ogni livello, per l’istituzione del Centro di Neuropsichiatria Infantile e abilitazione/riabilitazione, per promuovere la socializzazione e l’inclusione delle persone con disabilità delle loro famiglie nella comunità, per sensibilizzare gli Enti Pubblici sulla necessità della creazione di strutture residenziali e semiresidenziali.

La società di oggi è cambiata, molte leggi hanno promosso processi di integrazione ad ogni livello, ci dobbiamo occupare in misura minore di creare scuole o centri di varia natura, ma gli obiettivi restano uguali, insistendo sulla qualità, sulla unitarietà e sui bisogni di servizi e di interventi, sulla necessità della prevenzione, della ricerca, dei progetti di vita, perché tutti abbiano la possibilità di una esistenza dignitosa e piena, soprattutto i più deboli. Ciò che si chiede ad una Associazione come la nostra è complesso, oggi come ieri, sotto ogni punto di vista, richiede tempo, professionalità, sensibilità, conoscenza, consapevolezza dei bisogni antichi e nuovi, dedizione, spirito di iniziativa e capacità di collaborazione. È difficile riassumere quanto si fa e si spera di continuare a fare una volta superata questa fase contrassegnata dalla pandemia. Di una cosa siamo certi: occorre vigilare, stare attenti, perché il pericolo di nuove inversioni di valori sta appena dietro l’angolo, e quindi fondamentale agire tenendo sempre ben presente il concetto di amore oblativo che deve permeare ogni nostra azione nel segno dell’inclusione e dell’altruismo.

Alda Cattelini: