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Cosa ci insegna la cultura

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Foto di Marisa Sias da Pixabay

Tante volte abbiamo sentito dire: tutto fa cultura! Ma cosa si intende veramente per cultura?

L’antropologo inglese Edward Burnett Tylor ( 1832- 1917) ci dà la seguente definizione:  “Cultura è l’insieme complesso che include la conoscenza, la credenza, l’arte, la morale, il diritto e i costumi e ogni altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro della società”.

Naturalmente questo pensiero, nell’epoca e nel periodo storico che stiamo vivendo, può sembrare sorpassato, in quanto attualmente ci si ritrova più spesso di fronte non solo ad unico concetto di cultura, ma sembra quasi di immergersi in una molteplicità di culture, proposte anche dalla stessa tecnologia, dal fenomeno sempre più “massiccio” della cosiddetta intelligenza artificiale, e per certi versi  tutte queste cose, finiscono per influenzare soprattutto, non soltanto  ciascun essere umano, ma di riflesso  anche l’intera società.

Ormai la cultura non si identifica esclusivamente con le tradizioni scritte, ma già da qualche decennio i grandi mezzi di comunicazione con i nuovi sistemi multimediali:  come televisione, radio, internet, e i vari canali social,  che diventano così dei veri responsabili della cultura di massa, che rischia di prevalere su quella individuale.

Così non risulta difficile affermare, che da una cultura classica e ben radicata nella gente, si è giunti, quasi con la velocità della luce, ad una cultura che sembra subire e risentire delle mode che cambiano e dei giorni che passano.

Sono lontani i tempi di quando nei primi anni del secolo scorso, i giornali dedicavano la terza pagina alla cultura e ai fatti culturali in genere.

La famosa terza pagina apparve la prima volta l’11 dicembre del 1901, sul quotidiano romano “Il Giornale d’Italia” diretto da Alberto Bergamini (1871-1962) che presentava un commento e una critica alla commedia di Gabriele D’Annunzio (1863-1938)  “Francesca da Rimini “ rappresentata dalla grande attrice Eleonora Duse (1858-1924).

Da allora, quasi tutti i quotidiani riservarono la terza pagina con notizie e informazioni su tutto quello che si poteva considerare parte del fenomeno culturale e ancora oggi, nelle colonne dei quotidiani ci sono spazi riservati a tutto quanto fa cultura.

Solamente nel 1974 il governo italiano, pensò di dar vita ad un ministero che si occupasse di cultura: nasceva così  il nuovo ministero, che poneva l’accento sull’urgenza di una normalizzazione legislativa che potesse risolvere e  preoccuparsi della drammatica situazione che investiva tutta l’area dei Beni culturali.

E sappiamo tutti, come il nostro Paese, sia ricco di opere di ogni genere che arricchiscono il patrimonio stesso dell’intera nazione, e come le stesse opere siano un richiamo per milioni di turisti che girano per le nostre città, ricche di storia e naturalmente di cultura.

E’ fin troppo evidente, come sia cambiato, ai giorni nostri anche il modo di fare cultura e di considerare come tale, tanto per fare un esempio, alcuni film, che di culturale non hanno un bel niente; anche la stessa scuola a volte spaccia il nozionismo per cultura, creando così dei tuttologi, che credono di conoscere e allo stesso tempo di sapere tutto, ma alla fine si dimostrano superficiali.

Per molto tempo si è identificata la cultura con l’istruzione, come se chi avesse appreso più informazioni, letto più libri, potesse essere in qualche modo un privilegiato nella società, e occupare quasi di diritto  un posto preminente.

Anche in una società consumistica come quella odierna, la stessa cultura deve essere diretta, non solo verso un popolo “eletto”, ma costituire sempre più un insieme di conoscenze che permettano all’uomo di vivere in pace e armonia con tutto ciò che lo circonda, ed essere occasione di incontro e non di scontro con altri essere umani o con intere civiltà e modi di vivere, differenti dal nostro.

Riportiamo infine il pensiero dello scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun che afferma “Con la cultura si impara a vivere insieme; si impara soprattutto che non siamo soli al mondo, che esistono altri popoli e altre tradizioni, altri modi di vivere che sono altrettanti validi dei nostri”.

Gualtiero Sabatini: