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Le conseguenze del transumanesimo

Il futuro, si sa, spaventa: radicati come siamo nelle abitudini vissute ed ancorati alle nostre certezze, preferiamo lasciare alla fantascienza la visione del futuro, restando ben comodi sulla poltrona a goderci l’ultimo successo cinematografico o editoriale e svagare la mente dal quotidiano, per poi ritornare alle nostre salde immagini casalinghe.

Eppure, il mondo cambia velocemente insieme a noi e ce ne accorgiamo con ritardo, a causa della visione sfocata delle cose che ci sono troppo vicine; i recenti cambiamenti connessi alla diffusione della rete, però, ed il gap generazionale nei confronti dei giovani e giovanissimi ci hanno imposto un rapido aggiornamento dei nostri riferimenti tradizionali, anche se non ce ne rendiamo conto e per certi versi fingiamo di evocare i bei tempi andati; fenomeno strano, questo, ricorrente in ogni epoca, con cui si snocciola la nostalgia del vissuto, o meglio, dei migliori ricordi selezionati dalla mente: nessuno però davvero tornerebbe indietro rinunciando ai progressi della tecnica e della scienza ed alle comodità conquistate. L’umanità va avanti così, da sempre, migliorandosi attraverso la selezione non solo della specie ma anche dei costumi e delle idee, arricchendosi delle esperienze passate e del contributo lasciato da chi ci ha preceduto.

Ma un nuovo capitolo si è aperto in quest’epoca, non so se paragonabile ad altrettanta innovazione del passato, poiché invece di condurre l’uomo avanti nel suo cammino coadiuvandolo nel miglioramento lo sta trasformando e per certi versi sostituendolo: parlo del transumanesimo.

Nel XV secolo in Europa si visse un periodo di riscoperta dell’importanza dell’uomo come centro di riflessione attraverso una rilettura del pensiero classico incentrato sull’essere umano rispetto alla natura che lo circonda e rivalutando questa come oggetto del vivere umano; ne derivò una maggiore diffusione del pensiero con la circolazione delle opere letterarie, conseguenza del capovolgimento del punto di osservazione che muoveva dalla nuova considerazione della peculiarità dell’umano, quale fonte di sentimenti e di emozioni, dell’uomo quale soggetto autore ed autentico. Le conseguenze furono impegnative anche nel rapporto con la religione cristiana che visse lo scisma protestante quale effetto ridondante del diverso atteggiarsi dell’uomo di fronte a Dio.

Oggi la supervalutazione della tecnologia e della macchina non solo ha trasformato la vita degli individui attraverso nuovi mezzi a disposizione per migliorare le facoltà (si pensi ai mezzi di trasporto e comunicazione che hanno consentito gli scambi tra le civiltà rispetto all’isolamento dei secoli andati) ma si propone e sta realizzando la trasformazione degli stessi individui per superare i limiti imposti dalla natura umana con l’eliminazione dell’invecchiamento ed il potenziamento delle capacità fisiologiche e giungere ad una condizione che viene definita post umana. L’uomo quindi perde le sue caratteristiche e si trasforma in altro, più efficiente, adeguato e performante: transumano.

Sarà banale dire che nessuno si è scandalizzato al primo trapianto di cuore od agli arti bionici per i meno fortunati: forse perché non veniva superato il limite dell’umanità, attraverso il mantenimento dell’individualità ed il contenimento dei miglioramenti entro le soglie della sostituzione di possibilità venute meno, senza che venisse minato il loro superamento. Ma nel transumanesimo la prospettiva è diversa: non è quella di fornire strumenti di parificazione a coloro che per disavventura ne sono stati privati ma è invece quella di superare i limiti derivanti dalla misura umana, quale la durata della vita, non con la sconfitta delle malattie ma attraverso il suo prolungamento con modificazioni della mappatura genetica e creando così il superuomo, con l’altro limite dell’artificialità, che il transumanesimo ammette senza remore, abbandonando così il percorso del miglioramento delle qualità e condizioni di vita con l’ausilio di facoltà prima impensabili, per arrivare in concreto alla sostituzione dell’uomo nella sua manifestazione principale, che è quella di vivere.

Sono gli effetti della lotta alle manifestazioni di invecchiamento che ne esprimono il rifiuto, benché sia la naturale evoluzione della vita, dell’aumento smisurato della considerazione delle proprie capacità individuali che vengono imposte senza limiti, della ricerca ossessiva del massimo ben oltre i limiti delle umane possibilità. Oltre, proposto come un imperativo, ma che ci porta dopo l’umanità.

Roberto de Tilla: