Nella Chiesa – ribadisce papa Francesco nell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” – c’è un segno che non deve mai mancare: “l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via” (EG 195). È l’attenzione preferenziale per i più deboli. La Chiesa difende la vita, in particolare la vita di chi non ha voce. Al fianco dei più deboli e dei diritti umani. “Tra questi deboli, di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione – sottolinea Francesco – ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo. Frequentemente, per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno” (EG 213).
Nel 1994 la Santa Sede alzò la voce alla conferenza internazionale dell’Onu sulla popolazione e lo sviluppo al Cairo. Come non ebbe esitazioni né timori a contrapporsi al comunismo e al capitalismo, allo stesso modo Karol Wojtyla puntò l’indice contro le croniche inefficienze e i drammatici errori di fondo delle organizzazioni internazionali. Il cardinale Renato Raffaele Martino, Osservatore permanente della Santa Sede all’Onu durante la conferenza del Cairo, ha raccontato quello snodo fondamentale del pontificato di Giovanni Paolo II nella memoria “La testimonianza della verità e il dialogo politico-diplomatico” pubblicata sul “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” nel 2014. Racconta Martino: “In veste di nunzio apostolico presenziai sia alla conferenza al Cairo, la cui organizzazione fu affidata al controverso “Fondo specializzato per la popolazione”, sia alla conferenza sulle donne di Pechino che l’anno successivo ne mutuò in blocco le formulazioni sulla salute e sulla decostruzione della sessualità responsabile”. E cioè “dall’individuazione della categoria-chiave del gender all’idea stupefacente che solo i bambini realmente voluti hanno diritto a nascere», oltre a “un sensibile passo indietro nel campo della libertà religiosa”.
La Santa Sede riaffermò le profonde motivazioni del progetto biblico di Dio sull’uomo, che è un piano di bontà e di felicità, ribadendo l’immagine del divino che ogni uomo a ogni latitudine porta con sé e sulla natura fondamentalmente relazionale di ogni persona, quindi “il campo della sessualità rientra comunque nella sfera sociale, interpersonale e dunque pubblica dell’agire umano”. Ma l’agenda programmatica della conferenza dell’Onu, appoggiata da Stati Uniti e Unione Europea, stabilì l’imposizione arbitraria di qualsiasi mezzo per il controllo delle nascite o pianificazione familiare. Per la Santa Sede si trattava di “un invito all’immoralità di massa e al libero crimine nel caso dei bambini già concepiti”. Giovanni Paolo II non esitò mai a prendere di petto le organizzazioni internazionali, così il 5 ottobre 1995, il giorno in cui viene annunciato il cessate il fuoco nella guerra in Bosnia ed Erzegovina, prese la parola all’Onu: “Nessuno, né uno Stato, né un’altra nazione, né un’organizzazione internazionale, è mai legittimato a ritenere che una singola nazione non sia degna di esistere”. E aggiunse: “Il mondo purtroppo deve ancora imparare a convivere con la diversità. Come i recenti eventi nei Balcani e nel centro Africa ci hanno dolorosamente ricordato. La risposta alla paura dell’altro non è la coercizione, né la repressione o l’imposizione di un unico modello sociale al mondo intero”. Karol Wojtyla non arretrò di un passo di fronte all’aggressione portata a termine dalla conferenza dell’Onu del Cairo contro il diritto alla vita. “La libertà non è semplicemente assenza di tirannia o di oppressione, né è licenza di fare tutto ciò che si vuole – disse Giovanni Paolo II dal podio dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite –. La libertà possiede una ‘logica’ interna che la qualifica e la nobilita: essa è ordinata alla verità e si realizza nella ricerca e nell’attuazione della verità. Staccata dalla verità della persona umana, essa scade, nella vita individuale, in licenza e, nella vita politica, nell’arbitrio dei più forti e in arroganza del potere. Perciò, lungi dall’essere una limitazione o una minaccia alla libertà, il riferimento alla verità sull’uomo – verità universalmente conoscibile attraverso la legge morale inscritta nel cuore di ciascuno – è, in realtà, la garanzia del futuro della libertà”.