All’interno dello sviluppo socioemotivo di una persona un fattore protettivo che favorisce una conversazione sana e che limiti possibili conseguenze psicopatologiche potrebbe essere costituito da una comunicazione relativamente libera e sincera.
Lo stile comunicativo aperto e trasparente è un fattore protettivo in quanto favorisce una naturale autoregolazione emotiva, condizione importante per lo sviluppo dell’autonomia. Fare ciò significa comunicare apertamente le proprie frustrazioni e trasmettere sia l’idea secondo cui non si deve mantenere la facciata di perfezione a tutti i costi, sia che esistono anche sentimenti negativi che vanno espressi e discussi. Fare tutto questo de visu, in presenza, ha un quid di unico che nessun social potrà mai replicare.
È indubbio che i social network ci permettano la connessione e la conversazione con molte più persone di quante potessimo raggiungere solo pochi anni fa. Le potenzialità di questi strumenti sono enormi. Una presenza coerente, credibile e con contenuti rilevanti riesce ad ottenere e far ottenere contatti, opportunità stimolando relazioni e legami di ogni tipo. Tuttavia, come tutti gli strumenti, i social network possono diventare una fonte di pericolo e di difficoltà.
La natura umana ha delle peculiarità che bisogna considerare per una corretta gestione della negatività. La connessione costante favorisce l’informazione continua in riferimento alle vite e ai successi altrui, facendo sentire o percepire molti fuori gara, sconfitti da una competizione sempre più palpabile. Questo continuo realizzare che gli altri hanno una vita migliore della nostra, un maggiore guadagno e successi in ogni campo, rende alcuni soggetti depressi a causa della “competizione sociale”, che è la deriva del sedicente “confronto sociale” attraverso la rete.
Tutto ciò è lontano anni luce rispetto alla bellezza del dialogo da persona a persona. Se l’aspetto positivo della vita in rete è la serie infinita di interconnessioni tra persone di tutto il mondo, molto altro andrebbe riconsiderato. Quanto valevano le lettere scritte su carta e penna. Ricordo come ieri una lettera scritta da un’amica tanti anni fa con il profumo indimenticabile della carta… Era tutto molto più reale.
Ciò non toglie che i corsi on line, l’apprendimento in rete siano belli ed efficaci. L’uso intelligente della rete può arricchire la dimensione umana ma il rischio è di perdersi tanto se si esagera…
Ricordo, ad esempio, in treno il lettore CD, con la musica che scorreva insieme ai binari. I giornali cartacei vincevano sull’online e il dialogo con uno sconosciuto diveniva il viaggio vero e proprio, quello che ti conduceva alla stazione di arrivo più appagato, con meno stress e più vita relazionale. Il vicino di casa non era scomodo in ascensore ma occasione di conoscenza… Oggi invece lo sguardo non è più proiettato sulla persona che si incontra ma sul cellulare che diviene mezzo per evitare l’altro. Ma perché? Era magico incontrarsi.
Eppure la conversazione tra l’Io e il Tu che esisteva lì, fuori dalla finestra della tua camera, era pronta ad inghiottirti in tutta la sua enorme bellezza e complessità. E noi, eravamo pronti a godere del dialogo, dell’incontro, in ogni sua sfacettatura, senza la dipendenza o/e l’esigenza ansiogena di camminare ad occhi bassi per rispondere ad un messaggio.
Buber poneva in risalto la dinamica relazionale, specificando che “il fatto fondamentale dell’esistenza umana non è né il singolo come tale, né la totalità come tale. Considerati in sé, essi non sono che potenti astrazioni. Il fatto fondamentale dell’esistenza umana è l’uomo con l’uomo”. È sempre Buber ad affermarlo: “Quanto più l’uomo, l’umanità, è dominato dall’individualità, tanto più profondamente l’individuo si inabissa nell’irrealtà. In tali tempi la persona, nell’uomo e nell’umanità, conduce un’esistenza sotterranea, nascosta, quasi nulla”. È invece proprio la ricerca del bene relazionale a farci scoprire il senso e l’urgente bisogno della socialità che permette la realizzazione del vero consorzio umano e, dunque, l’essenza della comunità.
L’attualità della lezione di Buber sta nell’aver trasformato l’importanza dell’incontro in principio: la relazione non è una possibilità tra le possibilità, essa è l’unica scelta possibile. È solo così che possono risolversi le forme di arretratezza civile e le diverse manifestazioni di cultura della violenza che tormentano il nostro tempo. Al principio di tutto c’è la relazione Io-Tu.
Mi permetto di aggiungere che, laddove possibile, l’incontro de visu rende l’interazione qualcosa di unico e speciale.
Proviamo a rilanciare l’incontro con l’altro di persona. In esso ci sono molte più possibilità di perseguire la via dialogica vera, quella senza schermo divisivo, quella che favorisce l’incontro pieno, l’unica che possa rendere accessibile all’uomo, soprattutto all’uomo di oggi, la comprensione di sé stesso nella sua interiorità.