In questo periodo storico connotato da grandi sfide e sofferenze, come ad esempio la guerra alle porte d’Europa e la pandemia, abbiamo bisogno di gentilezza, come un antibiotico, per curare il male a rischio contagio di una tristezza che rischia di prendere piede nella vita quotidiana. La gentilezza e l’empatia sono fondamentali, soprattutto nella cura e nell’ascolto delle persone con disabilità e fragilità. Grazie a queste attitudini si riesce a tenere insieme le persone, migliorare i rapporti umani e vivere meglio con noi stessi e con gli altri.
Purtroppo, però, negli ultimi anni, si è verificata una sorta di deriva antropologica che, in molti casi, sta spegnendo la gentilezza. Occorre quindi che, ognuno di noi, torni ad essere gentile nella propria quotidianità, attraverso piccoli gesti che rendono migliore la collettività. Spesso, ad esempio, l’opinione prevalente, è che una persona gentile possa essere fragile, perché esposta alle possibili prepotenze altrui. Invece, la gentilezza è come una nobile corazza che ci consente di comprendere le fragilità altrui per meglio prendercene cura e farle nostre. Infine, quindi, come desiderio per l’anno che verrà, vorrei che la gentilezza tornasse ad essere un valore apprezzato e condiviso, con l’obiettivo di rendere migliori noi stessi, le comunità, ma soprattutto per mettere la fragilità al centro della società e prendercene cura nel migliore dei modi.