Nella Lettera di San Paolo, scritta tra il 53 e il 62 ai cristiani di Filippi, una città del nord della Grecia, l’Apostolo delle Genti, si rivolge alla comunità che egli stesso aveva fondato, per rispondere ad interrogativi e chiarire i problemi di vita cristiana, per difendere la sua identità apostolica e il Vangelo che predicava. Nel testo della Lettera, leggiamo una frase che sembra attuale anche per l’uomo di oggi: “Comportatevi dunque in modo degno del Vangelo di Cristo”.
E’ un monito e anche un richiamo, non solo rivolto ai filippesi, ma a tutti noi che viviamo e agiamo in questa società, in un determinato contesto storico che vede spesso il genere umano, lontano dai principi e dai valori del cristianesimo, e che in un certo contesto culturale Cristo non è presente.
E qui può scaturire una domanda: oggi in un mondo totalmente diverso e trasformato da quello vissuto dal grande apostolo, a distanza di millenni, com’è cambiata la vita del cristiano? Per prima cosa dobbiamo in coscienza chiederci inoltre quale sia la differenza tra l’essere cristiano e fare il cristiano.
Non è semplice trovare una risposta, soprattutto se pensiamo a tutto quello che sta accadendo intorno a noi, ancora una volta siamo chiamati ad analizzare il nostro cuore: cosa significa essere cristiani, o visti i tempi, le mode, le situazioni non è più semplice e meno impegnativo fare il cristiano? Non vogliamo aprire né discussioni filosofiche, né tantomeno teologiche.
Vogliamo solamente ripensare a quanto scritto e detto da S. Paolo ai Filippesi: “Comportatevi dunque in modo degno del Vangelo di Cristo”. E qui siamo chiamati a comportarci come ci suggeriscono le pagine del Vangelo, a seguire gli insegnamenti che il testo sacro propone, a trarre indicazioni per come vivere e come tenere un comportamento degno, un comportamento che permette a ciascuno di inserirsi in maniera positiva non solo all’interno della società, ma soprattutto nella comunità in cui si vive e si agisce.
Facendo ciò, possiamo affermare di “essere cristiani”, e quell’“essere”, significa vivere pienamente seguendo Cristo e portarlo agli altri, con umiltà e convinzione e che: “Il cristiano dev’essere una persona decentrata – ce lo dice Papa Francesco – Ma cosa vuol dire questo in concreto? Significa che al centro della nostra esistenza non dobbiamo mettere il nostro io, a volte gonfiato dall’individualismo e dall’egocentrismo, ma dev’esserci la persona di Cristo. Solo ponendo Lui al centro della nostra vita, possiamo dirci veramente cristiani. Quanto è importante quindi vigilare perché siano la persona di Gesù Cristo e la sua parola a motivare ogni nostra scelta! Quanto è necessario custodire quella sana inquietudine del cuore che ci spinge a metterci continuamente in cammino per trovare il Signore. Ricordiamo le parole di Sant’Agostino: “Ci hai fatti per Te [Signore] e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te”.
Oggi, il nostro modo di vivere è talvolta influenzato dai vari cambiamenti epocali, e anche la nostra stessa identità, a volte in discussione, sembra basarsi solamente su quello che possediamo o ci illudiamo di possedere.
Così spinti dal momento, dalle situazioni e dalle circostanze, è più facile fare il cristiano: andare alla messa ogni tanto, solo per farsi vedere in chiesa, e di conseguenza vivere il cristianesimo come un qualcosa che faccia parte delle nostre abitudini: lo faccio perché, in alcuni contesti è più conveniente. Ignazio di Antiochia (35 – 107) vescovo e Padre della Chiesa, così scrive nella sua Lettera ai cristiani di Magnesia, una città che faceva parte del vecchio patriarcato di Costantinopoli: “Non basta essere chiamati cristiani, ma bisogna esserlo davvero”.In questa frase c’è tutto e c’è del vero!
Non dobbiamo rinunciare alle nostre radici, o aver vergogna ad “essere cristiani”, esserlo significa: vivere, agire come veri seguaci di Gesù Cristo nel mondo di oggi. La storia, anche la più recente non trova tracce di pentimento in coloro e sono tanti, e non erano tutti santi, che hanno deciso di seguire Cristo, e di “essere cristiani” realmente, piuttosto che “fare i cristiani” tanto più se qualcuno ce lo impone. “Essere cristiani”, consente ad ogni individuo di relazionarsi con il prossimo, qualunque esso sia, e a qualunque condizione sociale appartenga, senza fare distinzione alcuna, mettendo così in pratica il comandamento evangelico che Gesù stesso ci ha insegnato.