Come dovrebbe essere una scuola per essere più inclusiva? È storia lunga, un’enciclopedia si potrebbe scrivere, mi viene quasi da ridere o almeno da sorridere un po’ amaramente. Un papà di un ragazzo ormai grande, 22 anni, mi racconta sempre che in 13 anni di scuola (elementari, medie, superiori) ha conosciuto 12 insegnanti di sostegno: architetti, ingegneri, geologi, biologi, filosofi… tutta gente di buona volontà, certo, ma con la disabilità non ha mai avuto a che fare. Ma poi una disabilità particolare come l’autismo, è ancora più difficile. Alla faccia della continuità, oltre che della preparazione! Noi genitori non pretendiamo molto, se insistiamo su elementi basilari, è solo per il bene di nostro figlio. Dovrebbe esserci un vademecum per chi arriva in una scuola e si prende in carico un bambino di quelli super speciali come i nostri figli. È fondamentale contattare la famiglia, anche solo per dire: sono arrivato/a, non conosco vostro figlio ma prometto che ce la metterò tutta per farlo stare bene. Una telefonata, basta anche solo una telefonata, e i genitori stanno già meglio, un po’ meno tesi per la nuova situazione che devono affrontare, loro e il bambino. Poi se vogliamo proprio esagerare, un incontro, un bell’incontro anche informale con i genitori, dove l’insegnante di sostegno chiede notizie riguardanti il bambino, sul tipo di disabilità, cosa gli piace e cosa invece non sopporta… le persone che conoscono meglio il bambino sono i genitori… strano, ma vero. E poi vogliamo dire un’altra cosa fondamentale? Dire ai compagni di scuola che avranno un compagno speciale, che non dovranno prenderlo in giro, anche se dovesse avere strani comportamenti, un po’ bizzarri, o magari se lo vedono saltellare, o sfarfallare, o ripetere continuamente la stessa cosa. Un compagno che dovranno proteggere, mai lasciare da solo, che dovranno coinvolgere nei giochi, magari anche invitarlo alle feste di compleanno. Che bello sarebbe…
Un altro papà di una bambina meravigliosa di otto anni, autistica, mi racconta che le maestre non si vogliono prendere la responsabilità e quindi non la vogliono portare in gita. Che brutta cosa. Pensate ad un genitore come si può sentire. E quindi riunioni su riunioni con il Dirigente, con le maestre che si nascondono dietro ad un dito, impaurite da quell’essere immondo che può essere una bambina di otto anni. E che cosa sarà mai? Un mostro? No, è solo una bambina di otto anni che ha diritto di andare in gita. E le maestre il dovere di portarla. Volete sapere come è andata a finire? La gita è stata annullata, per tutti. Vi dico un’ultima cosa fondamentale: fare rete, una piccola parola, quattro lettere, ma importantissima. Parlarsi, scambiare idee, confrontarsi: maestre, terapisti, logopedisti, psicomotricisti… tutti quelli che gravitano attorno al bambino è importante che si parlino. Non è così: ognuno fa il suo pezzetto, non ci sono scambi, non ci sono confronti. Con questo non voglio fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono anche scuole virtuose, insegnanti virtuosi che vanno oltre il loro compito, che si prendono a cuore le situazioni. Ne ho conosciuti, pochi, ma qualcuno esiste. E come dice Piperita Patty a Charlie Brown: “Non sarà mica difficile fare l’insegnante in fondo, cosa fanno di speciale gli insegnanti?” “La differenza, gli insegnanti fanno la differenza”.