Dal Concilio Vaticano II il Magistero pontificio pone al centro la “coessenzialità” dei doni carismatici e dei doni gerarchici. Da ciò discende la necessità, evidenziata da numerosi canonisti, che i diritti fondamentali dei fedeli siano adeguatamente riconosciuti e tutelati nella Chiesa. Giovanni Paolo II, dopo aver letto tre volte le bozze del nuovo Codice di diritto canonico, sollecitò i redattori a correggere, a precisare che i soggetti principali sono i fedeli e la comunità ecclesiale. Nel 2007, l’ex Sant’Offizio pubblicò un documento in cui appariva ridimensionata la dichiarazione conciliare sulla libertà di coscienza. La richiesta di istituire un ministero per i catechisti venne all’epoca accantonata al Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione (2012), con la spiegazione che “avrebbe creato più problemi di quanti avrebbe potuto risolverne”. Poi, anche al Sinodo sull’Amazzonia (2019).
Sono passati anni, decenni, e tutta quella “ricchezza”, rimasta sempre in via di sperimentazione, in uno stato di provvisorietà, ha cominciato a risultare meno evidente. Erano cresciute due se non tre generazioni, che sapevano poco o nulla del Concilio, per cui molti fedeli laici si sono trovati impreparati ad assumere quel ruolo di soggetti attivi, responsabili, che il Vaticano II gli aveva assegnato; alcuni hanno lasciato la Chiesa-istituzione e hanno scelto il volontariato, i servizi sociali e caritativi. Le donne hanno continuato ad essere poco valorizzate. I movimenti hanno perduto un po’ l’ardore missionario degli inizi; alcuni hanno sofferto dell’elitarismo dei capi (un documento vaticano ne ha regolamentato il governo, anche per evitare altri “abusi e violazioni”), ma in genere tendono ormai a muoversi nei propri “confini” spirituali. Alcuni oratori, e non solo per la pandemia, sono stati chiusi, allentando il fondamentale rapporto con i più piccoli, con i genitori. E’ lecito interrogarsi su quei due milioni di giovani a Tor Vergata, per il Giubileo del Duemila. Che fine hanno fatto? Non è mancata una pur parziale “fuga” di taluni credenti. In Germania si è recentemente svolto un Sinodo in cui dei laici (molto clericalizzati) hanno tentato di togliere spazio e potere alle gerarchie ecclesiastiche. Ma proprio in Germania ogni anno 200 mila persone chiedono di essere cancellate dal registro della Chiesa.
Francesco ha opportunamente modificato il Codice, consentendo ufficialmente l’accesso di persone di “sesso femminile” ai ministeri istituiti del lettorato e dell’accolitato. E’ fondamentale, infatti, partire dalla preziosa e generosa testimonianza data silenziosamente per tanti anni dalle donne in questo servizio. Jorge Mario Bergoglio, inoltre, ha nominare suor Nathalie Becquart ai vertici del Sinodo dei Vescovi e ha istituito giustamente il ministero laicale di catechista, ponendo fine alla stagione dei catechisti fai-da-te, impreparati (su 1.760 di quelli italiani, secondo un’indagine, solo il 3,6 per cento era a conoscenza della necessità di una “purificazione” contro gli scandali). Ora serve una formazione biblica, teologica, pastorale e pedagogica. Fin qui s’è detto del laicato istituzionalizzato, quello che in qualche modo fa parte del “sistema”. E la massa? Come riuscirà la Chiesa a raggiungere quel miliardo e 300 milioni di cristiani laici, dalla fede spesso circoscritta ai momenti sacramentali, e che adesso, a causa del Covid-19, hanno ulteriormente diradato la frequenza in chiesa? Appunto, quale messaggio arriverà a quei credenti? L’impegno di Papa Francesco è che la Chiesa non finisca per essere concepita solo come corpo gerarchico, ossia una Chiesa senza popolo.