Il termine “Welfare State” indica un modello di organizzazione politico-sociale che ha come obiettivo quello di assicurare una serie di servizi e prestazioni che, oltre al benessere, favoriscano la sicurezza economica e la giustizia di ogni cittadino all’interno della comunità di appartenenza. Il concetto che viene posto alla base di tutto ciò è quello della responsabilità, intesa come un’antropologia positiva che considera la persona come soggetto in grado di perseguire i propri desideri in proficua sinergia con la tutela del bene comune, su cui si è fondata la relazione tra Stato e comunità a partire dagli anni ’60 del ‘900. Al termine del secolo scorso però, l’impostazione originale, la relazione tra lo Stato–apparato e lo Stato–comunità, su cui si fonda l’ordinamento statale, ha cominciato a vacillare. Il decadimento della tradizionale struttura dello Stato inizia con la crisi dello Stato, teorizzata prima da Santi Romano, per quanto concerne la frantumazione dello Stato liberale, e dopo da Sabino Cassese, in merito alla perdita di sovranità verso l’esterno. L’accentuazione del fenomeno dello sgretolamento, un po’ alla volta, dello Stato ha, di certo, un legame diretto con le cause e le conseguenze della crisi del Welfare State. Sempre più, lo Stato mostra le proprie debolezze, ed in particolare è il rapporto, all’interno dell’ordinamento giuridico, tra l’apparato statale e la comunità che viene messo in discussione.
L’architettura statale subisce, pertanto, un profondo cambiamento secondo un percorso lungo e complesso, accelerato dalla previsione, nelle Costituzioni democratiche, del moderno principio della sussidiarietà orizzontale. Per comprendere la portata dell’impatto della sussidiarietà orizzontale in una contemporanea democrazia, è necessario indagarne il significato. Il contenuto della sussidiarietà orizzontale, pertanto, risulta indispensabile partendo da una ricostruzione storica e filosofica, al fine di analizzare come il principio di sussidiarietà orizzontale trova applicazione nell’ordinamento italiano, in base all’art. 118, co. 4, della Costituzione. Il principio di sussidiarietà costituisce il fulcro della riforma del Titolo V Cost., accentuando il valore dei cittadini e delle entità intermedie, e superando la dicotomia pubblico–privato, allo scopo di realizzare attività di interesse generale attraverso atti di autonomia negoziale. Il senso più antico della sussidiarietà parte dal pensiero liberale e della dottrina sociale della Chiesa, per proseguire lungo l’evoluzione delle moderne democrazie, e si sostanzia in un generale criterio di riparto dei compiti amministrativi in base al quale l’intervento pubblico istituzionale assume carattere sussidiario rispetto all’iniziativa privata, nel senso che il pubblico si giustifica in quanto i privati cittadini e le loro associazioni non siano in grado di soddisfare efficacemente interessi ed esigenze di ordine generale.
La Costituzione riconosce e valorizza l’autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali nell’esercizio di attività di interesse generale, in applicazione del principio di sussidiarietà. Pertanto, la dimensione orizzontale della sussidiarietà non è, come spesso viene considerata, solo l’estrema propaggine del principio di sussidiarietà verticale, in una logica top–down, in quanto ne è il significato originale. Il nuovo principio di sussidiarietà orizzontale pone al centro dell’ordinamento costituzionale l’autonoma iniziativa, divenendo un elemento di riferimento per l’allocazione delle funzioni che devono essere assegnate ai livelli territoriali che meglio possono favorire l’espandersi del ruolo dei cittadini. L’essenza della sussidiarietà, contestualizzata nello Stato moderno, suscita importanti interrogativi.
Come si può conciliare o, meglio, armonizzare, l’esigenza legittima di autonomia con la necessità dell’autorità, o delle autorità? E siccome non si intende sacrificare né la libertà d’autonomia, né il be-ne comune o, meglio, l’interesse generale, come metterli al servizio l’uno dell’altro? Perché esiste un’autorità? Qual è il suo compito e quale ruolo deve avere? Nello Stato moderno, il diritto svolge il ruolo di vincolare la società. Nel rapporto tra Stato–apparato e Stato–comunità, la prospettiva è che la società si svincoli dal diritto, nel senso che lo Stato–comunità, la comunità, partecipi allo Stato–apparato in virtù della valorizzazione della dimensione orizzontale, non gerarchica e solo autoritaria, dei rapporti tra governati e governanti. Lo Stato–comunità è sì l’insieme dei soggetti della comunità sta-tale, intesa come realtà sociale caratterizzata dalla varietà e dalla contrapposizione dialettica, cui sono riconosciuti ambiti diversi, ma sempre maggiori, di autonomia e di gestione partecipata della cosa pubblica con lo Stato–apparato. Il rapporto tra lo Stato e la Comunità di riferimento è in trasformazione. La sussidiarietà orizzontale, in tale contesto, non ha semplicemente un contenuto di mera subordinazione del pubblico al privato, ma comporta meccanismi di collaborazione tra il pubblico e il privato. In questo particolare frangente storico, il connubio tra sussidiarietà e solidarietà risulta fondamentale per lo sviluppo di un nuovo sistema di welfare per rispondere in maniera più efficace all’emergere delle nuove fragilità sociali mettendo al centro il valore della fraternità.