Un bambino o un adolescente è considerato vittima di bullismo se viene sottoposto ad azioni offensive in modo ripetuto, sistematico e intenzionale, da parte di uno o più compagni e si ritrova quindi ad aver paura di denunciare gli atti di bullismo subito. Negli ultimi anni sono state individuate e analizzate varie forme di bullismo: bullismo diretto, indiretto, maligno, non maligno, cyberbullismo e bullismo psicologico. Il bullismo indiretto è quello in cui la vittima viene danneggiata nelle sue relazioni soprattutto con la divulgazione di calunnie e/o dicerie, si trova ad essere esclusa e isolata dal gruppo classe ad esempio. Il bullismo diretto riguarda attacchi fisici o verbali diretti nei confronti della vittima. Quello maligno è attuato con asimmetria di potere, intenzione di fare del male ed è tipicamente ripetuto nel tempo. Il bullismo non maligno è messo in atto senza pensarci, oppure con una finalità educativa nelle intenzioni del bullo che è convinto di esercitare un’azione correttiva e, per l’appunto, mirante ad educare la persona in riferimento a situazioni future.
Il cyberbullismo o bullismo “telematico” è caratterizzato da azioni di bullismo che si diffondono attraverso la Rete internet e quindi lo smartphone e, grazie alla enorme capacità dei social network, delle chat, delle app di messaggistica, è possibile diffondere a una incredibile velocità, pettegolezzi, immagini o video imbarazzanti della vittima. Tutto questo, contrariamente a quello che si pensa, ha delle gravissime conseguenze sulla vita reale.
Certamente il cyberbullismo è ancor più poco controllabile del bullismo in quanto la rete internet è sconfinata e raggiunge qualsiasi mèta. Inoltre, in rete ci si può camuffare creando un falso profilo e quindi vivendo una falsa identità. I rischi in tal senso sono altissimi.
Basti pensare a diversi casi di isolamento e suicidio proprio dovuti anche, a volte soprattutto, a sopraffazioni, diffamazioni, ingiurie, umiliazioni vere e proprie. Sono tanti i casi di ragazze che vengono stimolate a farla finita in quanto definite stupide, brutte, poco intelligenti, non adatte a questa società.
Ci si rende perfettamente conto di come sia fondamentale riconoscere per tempo i segnali di bullismo a cui un ragazzino o un adolescente possono essere sottoposti.
Il bullismo psicologico è una forma di bullismo che non si manifesta con le classiche azioni fisiche o verbali, ma che, con la diffusione (ad esempio) di dicerie e/ o calunnie, porta la vittima ad essere escluso da un gruppo e all’isolamento inevitabile. Gli studi degli ultimi cinque anni, soprattutto relativi alla popolazione scolastica in molti Paesi industrializzati, hanno messo in luce come le forme più “sottili e psicologiche” di violenza si manifestano in modo subdolo soprattutto tra le ragazze, andando ad attaccare la rete sociale delle vittime ma in una modalità più difficile da intercettare per genitori e insegnanti.
Il bullismo e il cyberbullismo sono fenomeni in espansione totale. Basti pensare ai dati degli ultimi anni.
Oltre nove giovani su 10 in Italia sono coinvolti in episodi di bullismo. Principalmente a scuola. Lo denuncia un’indagine campionaria realizzata dall’Eures tra 1.022 studenti delle scuole secondarie superiori di Roma: nell’ultimo anno il 66,9% dei giovani è stato almeno una volta vittima di bullismo (67,8% le ragazze e 62,6% i maschi), l’81,3% ha assistito ad uno o più di tali episodi, mentre il 37,8% indica di averne commessi in una o più occasioni (il 44,8% dei maschi contro il 31,3%).
In poche parole, solo il 9,3% dei giovani afferma di non essere stato in alcun modo coinvolto in episodi di bullismo, ovvero di non esserne stato né vittima, né autore, né testimone. E l’ambiente in cui si verifica il maggior numero di episodi è proprio la scuola: il 57,3% delle vittime afferma infatti di aver subito tali atti all’interno della classe ed il 34,9% all’interno della scuola (in ambienti diversi dalla classe).
L’American Academy of Pediatrics (AAP) ha voluto identificare e divulgare una serie di consigli per gestire situazioni di bullismo a scuola nel modo più corretto possibile, per garantire la salute e la sicurezza di bambini e ragazzi. Ecco, dunque, come comportarsi se ci si accorge che il proprio bambino è preso di mira dai bulli:
– avvisate i funzionari scolastici dei problemi e lavorate con loro sulle soluzioni;
– insegnate a vostro figlio a sentirsi a proprio agio nel chiedere aiuto a un adulto di fiducia;
– chiedetegli di identificare preventivamente la persona cui può chiedere aiuto;
– riconoscete la natura grave del bullismo e i sentimenti di vostro figlio in relazione all’essere vittima di bulli;
– aiutate il bambino a imparare a rispondere e, in particolare, insegnategli a guardare il bullo negli occhi, mantenere la calma in una situazione difficile,
– andarsene quando è il caso;
– insegnate a vostro figlio a dire al bullo, con voce ferma: “Non mi piace quello che stai facendo” oppure “Per favore, NON parlarmi così”;
– incoraggiate sempre vostro figlio a fare amicizia con altri bambini;
supportate il bambino nelle attività che gli interessano;
– assicuratevi che un adulto che conosce il bullismo possa fare attenzione alla sicurezza e al benessere di vostro figlio mentre è a scuola;
– monitorate i social media o le interazioni nei messaggi del bambino in modo da poter identificare i problemi prima che possano sfuggire di mano.
Il fenomeno del bullismo è complesso e variegato. È, usando le parole di Crepet, “una violenza derivante da due aspetti. Il primo: la mancanza di futuro. Il secondo concetto è l’indifferenza. I ragazzi di oggi sono afoni: non comunicano. E così anche i loro genitori”. Mi ritrovo in pieno con le parole appena citate.
L’afonia comunicativa è legata alla mancanza di una direzione, alla mancanza di una educazione vera. I giovani sono alla ricerca dell’autoaffermazione e tale fattore li porta ad essere più indifferenti e più diffidenti per evitare che le emozioni diventino un ostacolo al loro obiettivo. Le scuole, ad esempio, sono piene di strumenti digitali ma diminuisce la letteratura perché “bisogna stare al passo” con la richiesta di lavoro. La rivoluzione digitale influisce in modo radicale sul processo evolutivo dei giovani. I social ormai di veramente sociale hanno poco; sembra invece che incoraggino l’onta narcisistica che si propaga a briglie sciolte.
Il sociale, invece, comincia quando si è insieme; dove non c’è la persona fisica, difficilmente può esistere il sociale. La mancanza di luoghi di aggregazione preoccupa sempre più.
Infine, molto importante sembra essere la relazione genitore-figlio. Sembra che siamo nell’epoca dei genitori a perdere… I ragazzi spesso appaiono “amici” dei genitori. E invece il loro ruolo si stanzia nell’essere figli. Se il complesso edipico rimane irrisolto, se la relazione con le figure di riferimento primarie (caregiver) rimane perlopiù un incompiuto, si innesca la ribellione. A quel punto, la casa non fa più da base sicura di gestione e fronteggiamento della situazione in divenire. È proprio in tali momenti che la strada o qualsiasi altro luogo al di fuori della famiglia divengono il luogo principe per ribellarsi. E i dati sulla violenza in crescita e sugli omicidi sono in netta crescita.
Ines Sassone ci insegna come il bullismo spezzi i rami più belli che un ragazzo o una ragazza possiede. Poi il tempo passa e nasce un fiore nuovo. Una società sana si occupa del bullo e della vittima, senza giudizio ma con giudizio, regole, empatia e senso di responsabilità.
Chiunque, anche leggendo queste righe, senta il bisogno di aprirsi e parlare, si rivolga subito ad un adulto serio e di fiducia e la via della libertà non sarà lontana. Allora sì che la splendida frase di Disraeli, “Il coraggio è fuoco, il bullismo è fumo”, costituirà un inno alla ripartenza, una ripartenza non semplice, che sia davvero di “fuoco”. Sì, il fuoco del coraggio!