Quante volte abbiamo sentito dire: “Sono credente non praticante”, è un pensiero che talvolta si trasforma in convinzione per tante persone, e non solo quelle che definiamo gente comune, ma anche artisti, esponenti politici, filosofi, studiosi, uomini di cultura, e tanti altri, ripetono queste parole che ormai, fanno parte sicuramente anche dei diversi strati e settori della nostra società. Credente non praticante, è un modo di dire usato generalmente per descrivere una persona che si identifica con una determinata fede religiosa o con chi crede in un certo insieme di principi spirituali, ma non pratica attivamente la sua religione e non segue, di conseguenza, regolarmente i precetti e i rituali associati a quella fede.
Leggiamo sovente che oggi c’è chi ama definirsi di area cattolica, forse per legame psicologico o sociologico e contemporaneamente cerca allo stesso tempo giustificazioni che riguardano il credere e il praticare. Bisogna considerare e ammettere, che il credere appartiene sicuramente alla mente e anche al cuore di ogni singola persona, mentre il praticare è solamente un atto della volontà, della propria individuale volontà.
Tutto questo potrebbe riguardare in genere qualcuno che si identifica come cristiano, ma che non partecipa regolarmente e tanto meno assiduamente alle diverse pratiche religiose come la messa domenicale, le preghiere quotidiane o altre osservanze tradizionali e riti della sua fede e del suo credo. La persona può mantenere una convinzione o una fede interiore, ma non la applica, né la pratica attivamente e costantemente nella vita di tutti i giorni.
E’ accaduto che nella nostra epoca, virtuale e tecnologica, forse da parte esclusivamente dei giovani, il credere e principalmente il praticare, non viene ritenuto essenziale, in alcuni casi, talvolta è visto anche come una perdita di tempo, tanto da far prevalere maggiormente il modo di pensare umano, rispetto a quello di Dio. E’ vero che Dio, ha lasciato l’uomo libero di scegliere, ma è altrettanto vero, che i verbi all’infinito “credere” e “praticare”, dal punto di vista religioso possono benissimo essere coniugati e coesistere insieme.
La bellezza di vivere il proprio credo unendosi a coloro che lo praticano attivamente, è una dimostrazione di condividere con il prossimo non solo il modo di pregare, ma di scandire la propria vita alla luce degli insegnamenti che scaturiscono dal Vangelo.
Chi pratica, sa benissimo che durante la celebrazione eucaristica, realmente può vedere la presenza di Gesù al momento solenne della consacrazione, lo spezzare il pane è il segno distintivo che Gesù è in mezzo a noi. Eppure, tanti individui si sentono a loro agio nel definirsi credenti non praticanti, quasi a voler ribadire che loro credono, forse perché lo hanno ereditato dai loro genitori, o addirittura dai nonni, ma non mettono nella loro vita di tutti i giorni, il fatto di trovare un po’ di tempo credendo e praticando, rispettando così, quelli che sono i principi della propria religione.
Possiamo definire un credente praticante qualcuno che non solo crede attivamente nella propria religione o spiritualità, ma dimostra anche questo impegno attraverso le azioni quotidiane di carità verso il prossimo che sono considerate significative e sacre all’interno del contesto della fede.