In occasione de La Domenica della Parola, nella quale Papa Francesco ha presieduto la Messa nella basilica San Pietro con il conferimento del ministero del lettorato, dell’accolitato e del catechista ad alcuni uomini e donne di diverse parti del mondo, il pontefice è tornato durante l’Angelus su un tema a lui caro: la predicazione. “A volte, capita che le nostre prediche e i nostri insegnamenti rimangono generici, astratti, non toccano l’anima e la vita della gente – ha affermato il Papa commentando il vangelo di Luca (4,14-21) – anche tante omelie, lo dico con rispetto ma con dolore, sono astratte, e invece di svegliare l’anima l’addormentano. Quando i fedeli incominciano a guardare l’orologio, “quando finirà questo?”, addormentano l’anima. La predicazione corre questo rischio: senza l’unzione dello Spirito impoverisce la Parola di Dio, scade nel moralismo o in concetti astratti; presenta il Vangelo con distacco, come se fosse fuori dal tempo, lontano dalla realtà”.
Non è la prima volta, però, che papa Francesco parla della predicazione ed in particolare dell’omelia. Il Santo Padre già lo ha fatto, ad esempio, nel ciclo di catechesi sulla celebrazione eucaristica, offerte nell’udienze generali del 2018, e in forma sistematica nell’Evangelii gaudium, dedicando dieci numeri dell’esortazione apostolica all’omelia (135-144) e altri quindici numeri alla preparazione della predicazione (145-159). Come scrive nel documento, il soffermarsi su tale tema è dato dai “molti reclami in relazione a questo importante ministero e non possiamo chiudere le orecchie”; importante perché “l’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un Pastore con il suo popolo”.
Quali caratteristiche, dunque, deve avere secondo papa Francesco? Anzitutto, l’omelia e la predicazione si fondano sulla consapevolezza che è Dio che continua a parlare al suo popolo: egli “desidera raggiungere gli altri attraverso il predicatore e che Egli dispiega il suo potere mediante la parola umana”. Il dialogo che si apre, con la proclamazione assembleare della Parola, tra Dio e il popolo, viene continuato dall’omelia, così da condurre tutti coloro che partecipano alla celebrazione all’intima comunione con Cristo nell’Eucarestia, affinché la vita di ciascuno vena trasfigurata dal mistero celebrato.
Per questo l’omelia, come si legge tra i diversi numeri di Evangelii gaudium, non può essere una catechesi e nemmeno una lezione di esegesi, non può essere uno spettacolo di intrattenimento, non può essere un sermone moralistico o indottrinante, ma essa è il “riprendere quel dialogo che è già aperto tra il Signore e il suo popolo, affinché trovi compimento nella vita”. Ciò è reso possibile se chi svolge il ministero della predicazione si lascia interrogare per primo dalla Parola, la medita e la scruta per un tempo prolungato, e si pone in ascolto del popolo e della sua sete. Non si affanna, inoltre, in discorsi lunghi ma va al cuore del messaggio evangelico, parlando con affetto di madre e con semplicità, non dicendo tanto quello che non si deve fare, ma proclamando le mirabili opere di Dio e ciò che si può fare meglio perché venga accolta la salvezza.