L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo è senza precedenti per la nostra società. Le notizie sui contagi e sulla pressione che i numerosi ricoveri esercitano sul sistema sanitario, ci costringe a rivedere continuamente le misure restrittive per contenere il diffondersi del Covid, che – se nella prima ondata aveva risparmiato alcune zone del nostro Paese – adesso dilaga un po’ ovunque, da Sud a Nord.
Non è facile prendere misure forti, ne siamo certi, e desideriamo fare la nostra parte e collaborare al massimo, come singoli cittadini, affinché si faccia tutto ciò che umanamente è possibile per allontanare questo invisibile nemico. Ma una parola sui bambini dobbiamo spenderla, perché quello che i nostri piccoli stanno vivendo, li segnerà forse per tutta la vita.
No, non è esagerato dire che un cambiamento nelle abitudini e negli stili di vita come questo sarà segnante. Pensiamo in particolare ai bambini che frequentano le scuole primarie e che si sono affacciati per la prima volta alla scoperta del favoloso mondo della scrittura e della lettura, alla conoscenza dei numeri e delle forme e a un modo diverso di vivere in classe e di rapportarsi con le maestre. Perdere di colpo, a metà anno (con il primo lockdown di Marzo) tutto questo e in contemporanea perdere la possibilità di frequentare i nonni, quegli angeli sorridenti pronti a raccogliere e sostenere le fatiche di mamma e papà, credete che sia indifferente per loro?
Se provassimo a intervistare un bambino, cosa ci direbbe? Tutto bene? Tutto regolare? Ti senti felice? “Mi manca tanto la nonna – afferma Giorgia, 7 anni, che frequenta la scuola elementare – anche se abita qui vicino non la vedo da tantissimi giorni e quando sono andata da lei non ho mai tolto la mascherina. Ogni giorno le faccio una video chiamata, ma vorrei abbracciarla forte e mi manca la sua casa”.
Giorgia come tanti bambini in questa delicata fascia d’età da 6 a 11 anni ancora sta frequentando, fortunatamente, la scuola primaria, per la quale anche il Ministero dell’istruzione desidera tutelare (come per la fascia 0-6 anni) la didattica in presenza.
Raccogliamo allora l’appello dell’associazione SOS Villaggi dei Bambini, che “auspica che i provvedimenti che saranno emanati da Palazzo Chigi e dalle Regioni tengano fermamente al centro il miglior interesse dei bambini, affinché la tutela dei loro bisogni, della loro salute e del benessere psicofisico, restino prioritari in questa nuova drammatica fase”.
Che la scuola primaria rimanga aperta
In particolare, SOS Villaggi dei Bambini chiede che la scuola rimanga un saldo punto di riferimento per i più giovani e che sia privilegiata il più possibile la didattica in presenza per i bambini delle scuole primarie, per i quali la didattica a distanza causerebbe una perdita ancora più pesante in un’età in cui la relazione anche non verbale con l’adulto di riferimento è quanto mai essenziale e formativa.
La scuola è luogo di crescita e di nutrimento dell’individuo sin dai suoi primi passi nel mondo, lo è ancora di più per tutti quei bambini e quei ragazzi che vivono in contesti familiari e sociali fragili e marginali, i quali sono da sempre al centro delle cure dell’Organizzazione: per loro la scuola aperta è la migliore opportunità di protezione, di riscatto e di formazione, ed è il più efficace argine contro le violenze domestiche, la povertà educativa e, più in generale, contro l’aumento delle disuguaglianze che la pandemia in corso non fa altro che esacerbare.
Diseguaglianze che, con la chiusura delle scuole, rischiano di penalizzare anche i genitori, e in particolare le madri. Durante il lockdown di marzo, la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro ha stimato che la chiusura delle scuole, in Italia, ha avuto riflessi negativi sull’organizzazione familiare di 5 milioni 139mila lavoratori e lavoratrici. Secondo l’Istat nel 2019 vi sono state 2 milioni 797mila donne in Italia che hanno dovuto rinunciare a un impiego per l’impossibilità di ottenere un aiuto in ambito domestico. Una ulteriore chiusura delle scuole, soprattutto quelle primarie, non farebbe altro che peggiorare questo quadro già fortemente penalizzante per le madri.
Ecco perché SOS Villaggi dei Bambini auspica che, nei limiti consentiti dalle circostanze, venga fatto tutto il possibile e sia profuso il massimo dell’impegno per garantire che le strutture scolastiche restino aperte, almeno a livello di istruzione primaria, e chiede che l’interesse dei bambini, dei ragazzi e delle donne rimanga sempre al centro dell’agenda politica.
L’esperienza di un’insegnante
La maestra Francesca Galgani, insegnante alla scuola primaria S. Lucia di Perugia, racconta la sua esperienza con gli alunni nel difficile anno della pandemia e ci spiega perché è fondamentale che il ciclo elementare rimanga in presenza.
“L’esperienza più difficile è stata indubbiamente con gli alunni che frequentavano la classe prima: al ritorno a settembre, nonostante il lavoro on line svolto con assiduità, molti di loro avevano persino dimenticato le cose imparate fino a Marzo. A parte le conoscenze, che di certo si possono recuperare, quello che ora manca è la capacità di stare concentrati per più ore.
Le strumentalità di base si acquisiscono nel corso di primo anno, all’inizio lentamente, ma dopo gennaio e febbraio i bambini in genere si velocizzano, completato il quadro delle lettere, hanno in mano degli strumenti che permettono di lavorare a regime, come se le competenze aumentassero prima in mondo matematico, poi esponenziale. Quindi parte lentamente, ma poi il bambino va sempre più accelerando nel corso dell’anno, fino agli ultimi due o tre mesi. Questo momento di maggiore sicurezza è mancato ai bambini e al ritorno a scuola mancava loro tutto, anche le cose già acquisite a marzo. Abbiamo affrontato un gran lavoro anche durante il lockdown, ma tutte le conoscenze proposte online al momento attuale sono un solo un sentito dire.
Diciamo che ora le conoscenze si possono recuperare ma l’abitudine al lavoro, stare cinque ore in allenamento, durante il tempo scuola, è qualcosa di insostituibile. Un tempo intenso e denso che già di per se stesso è una spinta propulsiva ad andare avanti, anche se la maestra stesse lì senza spiegare cose nuove, già sarebbe stimolante.
Dal punto di vista dei comportamenti sociali i bambini sono molto bravi, anche più degli adulti, in gesti prima sconosciuti e nel rispetto delle regole. La cosa che per loro è più pesante è il non potersi toccare, non poter avere un contatto fisico uno con l’altro. Osservo che in parte sono regrediti a gesti infantili e di autoconsolazione. Ma poi quando mettiamo la musica durante la ricreazione si scatenano e ballano.
Credo che se prima del lockdown il mestiere della maestra era un po’ squalificato, come se molti genitori pensassero di poter bastare nel dare le competenze ai propri figli per il solo fatto di possederle egli stesso, oggi la figura della maestra è come colei che rende accessibili quei saperi è più apprezzata.
Sono convinta che un altro periodo di lontananza dalla scuola sarebbe drammatico per questi bambini, come lo è per noi grandi. No, speriamo che la scuola primaria sia davvero l’ultima a venire chiusa per l’emergenza sanitaria nazionale”.