Auspico che, per l’anno nuovo e per il futuro in generale, la parola inclusione, possa finalmente sparire dal nostro vocabolario perché, grazie all’impegno di tutti, la si possa raggiungere in pieno. Attualmente, purtroppo, troppe persone con disabilità sono ancora escluse da molti aspetti della nostra società. Vorrei che, in nuovo anno, portasse con sé un cambio del paradigma culturale, per far sì che si pensi a città, servizi e scuole che siano per tutti, a prescindere dalle condizioni di ognuno e uscire da quei luoghi, che definirei “piccoli recinti”, dai cui tutti noi dobbiamo uscire, soprattutto con la mente.
Il raggiungimento di questo obiettivo di civiltà presuppone un’azione su quelli che, allo stato attuale, sono gli aspetti più importanti sul versante dell’inclusione. Il primo è rappresentato dalla scuola, un avamposto dal quale, le giovani generazioni, imparano a stare nella società e ad acquisire determinate competenze. Tutto ciò però, per gli alunni con disabilità, è molto più complicato perché mancano gli insegnanti di sostegno e le figure necessarie per accompagnarli a cui, a volte, come per altri edifici pubblici, problematiche legate all’accessibilità. Occorre poi considerare il diritto alla mobilità e al trasporto che sono basilari. Torno però a ripetere che, il cambiamento culturale, è alla base di ogni evoluzione. Però, se non si cambia totalmente il paradigma attuale, si continueranno a risolvere i problemi quasi in via emergenziale e non strutturale. Serve una visione inedita proiettata al futuro.