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L’anno d’oro dello sport italiano

Quando le notti e le albe dello sport italiano diventato magiche. E’ stato, il 2021, l’anno d’oro dello sport italiano. Non un evento dove quell’inno di Mameli che fa battere il cuore d’orgoglio, abbia suonato,  ricordando al mondo intero che noi siamo l’Italia. Non partiti da protagonisti, ma arrivati a coronare una stagione unica, forse irripetibile. Dalla Nazionale di calcio campione d’Europa a Londra, ai trionfi di Tokyo dove l’Italia ha stabilito il record di medaglie, per continuare con l’impresa di Berrettini, primo italiano in finale a Wimbledon. L’Europa che si tinge d’azzurro anche grazie al volley. Fate voi, ma noi ci siamo emozionati come non mai, quel tricolore sventolato in ogni angolo del pianeta e quell’inno a farci battere il cuore. Siamo l’Italia e ci siamo meritati tutto quello che abbiamo conquistato.

Ma il cielo è sempre più blu

A cominciare dalla Nazionale di calcio di Roberto Mancini che l’11 luglio ha coronato un sogno lungo una vita. Non vincevamo il titolo europeo dal 1968. Outsider, ma non protagonisti, anche se il ct aveva detto e ribadito che giocavamo per vincerlo, l’europeo itinerante, rinviato di un anno causa pandemia. C’erano complessi ben attrezzati e sulla carta colossi difficili da battere. Ma lui, il Mancio, ci ha creduto da subito, dal giorno in cui si è seduto sulla panchina azzurra. E quello azzurro è stato un crescendo, dall’11 al 20 giugno, messe in finale Turchia (3-0), Svizzera (3-0) e Galles (1-0)  vincendo con autorità in gruppo A. Poi è iniziata la salita verso il podio più alto, dagli ottavi di Londra contro l’Austria in un pomeriggio più difficile del previsto, battuta di misura (2-1) grazie alle reti di Chiesa e Pessina. Poi è arrivato luglio, il Belgio di Lukaku a Monaco di Baviera e vittoria comoda, firmata Barella-Insigne che hanno reso inutile il rigore del 2-1 della stella dell’Inter. Spagna in semifinale, partita tattica, decisa ai calci di rigore, con Donnarumma che ipnotizza Morata e Jorginho che non sbaglia il penalty decisivo. Siamo in finale. E’ l’11 luglio, corsi e ricorsi storici, perché in quella stessa data, ma nel 1982, l’Italia di Bearzot conquistava al Bernabeu di Madrid il titolo mondiale, contro tutto e tutti. Si gioca nel tempio di Wembley contro la Nazionale di casa. Inglesi avanti con Shaw dopo una manciata di secondi, il pari di Bonucci e di nuovo la lotteria dagli undici metri. Donnarumma è protagonista ancora una volta, parando alla fine anche il tiro di Saka che consegna Euro 2020 agli Azzurri. Apoteosi Italia. Un traguardo che forse solo Mancini poteva immaginare. Dopo 53 anni si è compiuto il sogno grazie alla forza del gruppo che ha saputo compattarsi, esaltandosi nelle difficoltà ed esprimendo un calcio cui non eravamo abituati. Ha vinto l’Italia che ha aggredito e che non ha aspettato l’avversario. Il carro siamo noi, e tutti a salirci sopra, anche chi alla vigilia non avrebbe scommesso un solo euro sulla Mancini band. Donnarumma è stato eletto miglior portiere dell’anno da France Football, lo stesso portiere del Psg, premiati a Dubai, insieme al ct (allenatore dell’anno) e alla nostra Nazionale (squadra del 2021). Adesso sotto con i playoff di marzo, le idi per uccidere la paura e volare a Doha.

Berrettini da urlo, Sinner in crescita

Ma è ancora l’Inghilterra e Wimbledon, a regalarci un altro capitolo della nostra estate magica. A scriverlo è il tennista Matteo Berrettini, che conquista la prima finale di un italiano sull’erba di Londra. Dopo aver eliminato Pella, Van de Zandschulp, Bedene, Ivaska, Auger-Aliassime e Hurkacz, Berrettini si arrende in finale al numero 1 Novak Djokovic, ma la sua impresa, rimarrà indelebile. Per sempre. È stato anche l’anno di Jannik Sinner, che ha sostituito proprio Berrettini a Torino ed è stato fondamentale in Davis.

L’oro di Tokyo

Un anno dopo arrivano anche i Giochi di Tokyo. Ed è un trionfo inatteso. Il meglio l’Italia lo aveva espresso a Los Angeles nel 1932 e a Roma nel 1960, vincendo 36 medaglie, ma Tokyo ha frantumato i successi di quei Giochi. Quaranta medaglie (10 ori, 10 argenti e 20 bronzi), per un record che ha esaltato un movimento che aveva bisogno di questa iniezione. Sono mancate le medaglie sicure, ma sono arrivati trionfi inattesi e record del mondo. L’atletica, la reginetta di tutti gli sport, conquista la copertina di Tokyo, un segnale di rinascita sperando sia l’inizio di un ciclo vincente. Parlavamo della copertina, e non può non essere l’abbraccio tra le prime due medaglie d’oro, quelle di Gianmarco Tamberi nell’alto e Marcell Jacobs nei 100 metri, due discipline riservate a colossi che sembravano inarrivabili. E invece Tamberi ha confezionato il miracolo e a stretto giro Jacobs, primo italiano ad arrivare nella finale dei 100, l’ha vinta stabilendo il quinto tempo Olimpico di tutti i tempi con 9.80.  Un trionfo che poco dopo si è ripetuto con la straordinaria vittoria della 4X100 maschile. Italia regina della velocità, chi l’avrebbe detto. La staffetta azzurra, composta da Lorenzo Patta, Filippo Tortu, Fausto Desalu e Marcell Jacobs, brucia gli inglesi (ancora loro, vittime sacrificali della magica estate italiana) sul filo di lana. Protagonista degli ultimi 100 metri è proprio Filippo Tortu, che con un’ultima frazione strepitosa sorpassa il rivale britannico e taglia il traguardo davanti a tutti con uno straordinario 37’’50. Strepitose le imprese di Stano e Palmisano che nella 20 km hanno portato a termine due gare leggendarie. Gli altri ori, portano la firma di Federica Cesarini e Valentina Rodini nel doppio pesi leggeri femminile, di Francesco Lamon, Simone Consonni, Jonathan Milan e Filippo Ganna nell’inseguimento a squadre di ciclismo, di Luigi Busà, nel 75 kg di karate, di Vito Dell’aquila nel Taekwondo, 58 kg maschile, Ruggero Tita e Caterina Banti nella vela. Gregorio Paltrinieri non ha conquistato l’oro, ma la sua è stata una spedizione eroica dopo essersi ripreso dalla mononucleosi: per lui un argento e un bronzo nel nuoto.

Inarrestabile Bebe Vio

E’ straordinaria anche la nostra estate paralimpica. Bebe Vio si conferma la regina del fioretto bissando la medaglia d’oro ottenuta a Rio, sconfiggendo in finale per 15-9 la cinese Jingjing Zhou. I Giochi paralimpici di Tokyo si chiudono con 69 medaglie, non è un record (ne conquistammo 80 a Roma), ma l’impresa è da sottolineare. Come l’impresa storica delle sprinter paralimpici che mettono a segno una tripletta nella finale dei 100 metri femminili categoria T63, quella riservata agli atleti che gareggiano con protesi a un arto. Vince Ambra Sabatini, 19enne che realizza anche il record del mondo con il tempo di 14”11.

Schiacciate vincenti: oro senza sesso

Da un europeo all’altro, da quello del calcio a quello del volley maschile e femminile. Gli uomini sono tornati sul gradino più alto del podio dopo 16 anni di digiuno. Trionfo inaspettato, come una squadra nuova di zecca ma subito vincente. Una cavalcata incredibile culminata con il successo in semifinale contro la Serbia (detentrice del titolo) e con la vittoria nell’atto conclusivo contro la Slovenia dopo oltre due ore di battaglia. E poi le splendide donne azzurre che hanno riportato il titolo in Italia dopo 12 anni. L’Italia ha vinto gli Europei per la terza volta nella sua storia, una prova di forza quella del sestetto di Davide Mazzanti, culminata con la vittoria in finale contro la Serbia, con le campionesse del mondo e d’Europa, battute in casa loro davanti ai 20.000 spettatori della Stark Arena di Belgrado. Un riscatto assoluto visto che la Serbia ci aveva eliminati ai quarti a Tokyo.

Si può dare di più

Soddisfazioni, anche se non d’oro, sono arrivate dalla vela (Camboni ha sfiorato l’oro a Tokyo), dal pugilato con Daniele Scardina (Intercontinentale Wbo supermedi), Manuel Magnesi (campione del mondo Ibo superpiuma) e Matteo Signani (campione d’europa pesi medi) e dal football americano (campione europeo dopo 34 anni). La ginnastica, pur non avendo vinto ori, continua a regalare emozioni e soddisfazioni per un movimento che conferma anno per anno, di essere di levatura internazionale. Ci si aspettava di più da scherma e pallanuoto, ma il ricambio generazionale ha mischiato le carte in tavola. Ma torneranno nei prossimi appuntamenti. L’Italia c’è e il 2022 dovrà rappresentare un ulteriore momento di crescita. In primo piano il calcio, con i playoff mondiali di marzo: l’ambizione è tanta, ma c’è da fare i conti con un doppio spareggio, prima con la Macedonia, poi con la vincente di Portogallo-Turchia da giocare in trasferta, presumibilmente a Lisbona. Ci vorrà una grande, grandissima Italia. La stessa che ha illuminato d’azzurro il cielo di Wembley.

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