Stadio Flaminio, tra degrado presente e prospettive future. Frongia: “Violentato dagli ultimi lavori”

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Quale destino per lo Stadio Flaminio? Dal sopralluogo effettuato nella giornata del 6 aprile dagli amministratori comunali, sono arrivate solo parziali risposte. L’intento è quello di sempre, il recupero, e l’assessore allo Sport, Daniele Frongia, non ha potuto che ribadirlo: “Il percorso è già avviato e attendiamo giugno o luglio per l’esito del bando” (in riferimento alla partecipazione del Comune al bando “Keeping it modern” della “Getty foundation”). Il problema, semmai, è nella condizione strutturale dello stadio che, in passato, ospitò persino un derby capitolino fra Roma e Lazio. L’ex vicesindaco è stato piuttosto chiaro: “Il capolavoro ancora c’è, coperto da detriti e incuria e violentato anche dagli ultimi lavori. Ora sarà ancora più oneroso intervenire”.

L’abbandono

In sostanza, per il Flaminio si è aspettato troppo. Dal 2011 a oggi il percorso di decadimento è stato pressoché totale, iniziato in corrispondenza con la rinuncia da parte della Federazione rugby alla sua gestione, poi finita sotto la responsabilità della Figc a partire dal 2014. Da allora, però, l’impianto non è stato più utilizzato per nessun evento, pur essendo ancora vincolante non solo la destinazione a uso sportivo ma anche la sua valenza culturale (della quale i futuri lavori dovranno tener conto) dovuta alla sua posizione, fra il Maxxi e l’Auditorium Parco della Musica: “E’ impressionante entrare e sentire sotto i piedi lo scricchiolio delle macerie che restano: sembra un viaggio in una struttura su un pianeta Terra abbandonato da decenni dall’uomo, un film di fantascienza”.

Incognite riqualificazione

Una situazione non dissimile da quella di altre realtà di utilità pubblica in stato di grave abbandono. Nel caso dello Stadio Flaminio, però, non si parla di un’opera costruita e poi abbandonata senza nessun utilizzo (come il fantomatico stadio del nuoto a Tor Vergata) ma di un impianto sportivo dalla rilevante valenza storica, peraltro in utilizzo fino a non più di 6 anni fa (anche l’Atletico Roma, fino al suo fallimento, ha giocato qui le sue partite casalinghe, compresa la finale playoff per l’accesso in Serie B, contro la Juve Stabia). La questione della riqualificazione, a questo punto, di incognite ne presenta molte: da un lato la questione dei tempi, tutt’altro che quantificabili, perlomeno in attesa di conoscere gli esiti del bando; dall’altro, lo spinoso argomento dei costi, definito per il momento “difficilmente valutabile. Dobbiamo studiare in maniera scientifica lo stato della struttura per poter fare delle valutazioni obiettive che siano utili all’amministrazione per valutare le varie proposte e dare anche dei parametri realistici a chi si volesse imbarcare in questa impresa”. Questo, infatti, quanto dichiarato da Elisabetta Margiotta Nervi, segretario generale della “Pierluigi Nervi Project foundation” (nonché moglie dell’architetto, Pierluigi Nervi, che realizzò lo stadio su progetto di suo figlio Antonio tra il 1957 e il 1959).

Elisabetta Nervi: “Toccato il fondo”

La certezza della signora Nervi, del resto, è un po’ quella di tutti: “La cosa che mi fa molto piacere è che abbiamo toccato il fondo e quindi adesso cominciamo a risalire”. Uno spiraglio di luce che sarebbe stato aperto grazie “al Comune e all’impegno che hanno dimostrato nel volersi finalmente occupare in maniera approfondita dello stadio Flaminio”. Finora, un solo progetto, quello della Polisportiva Lazio, è stato reso pubblico: “Gli altri hanno chiesto riservatezza”, ha specificato Frongia. L’augurio è che, fra questi, possa trovarsi quello che, davvero, possa riqualificare degnamente l’impianto sportivo. Qualunque sia il tempo necessario.

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