“Sì ai prelievi dal lago di Bracciano”, il Tribunale delle Acque blocca l’ordinanza della Regione

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Acea può continuare a prelevare l’acqua dal lago di Braccia. E’ quanto stabilisce il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, ribaltando l’ordinanza della Regione Lazio. Una decisione che arriva dopo aver respinto a luglio un primo ricorso della municipalizzata e che dà ragione al Campidoglio che nei giorni scorsi aveva impugnato l’atto e sospeso il provvedimento emanato il 28 luglio sul bacino idrico. Rimossi i limiti imposti per tutelare il lago (la Regione aveva ridotto la portata a duecento litri al secondo fino a fine agosto, prevedendo l’arresto completo dal primo settembre in poi.), ora Acea potrà prelevare l’acqua con un ritmo di quattrocento litri al secondo.

Ecosistema a rischio

La Regione Lazio si era battuta per tutelare l’ecosistema del bacino idrico che alimenta la Capitale; al contrario, il Campidoglio sosteneva che ridurre il numero dei prelievi avrebbe provocato gravi danni alla salute dei romani. Si era paventata anche la possibilità di chiudere i rubinetti, a turno, dei vari Municipi, per risparmiare acqua. “Nel bilanciamento degli opposti interessi, appare prevalente quello diretto a scongiurare il rischio di compromissione della salute pubblica – si legge nell’ordinanza del tribunale – atteso che si tratta di un danno certo, imminente e irreparabile. Il danno ambientale derivante dalla sola captazione dell’acqua da parte di Acea si appalesa incerto e non imminente”. Cancellati i limiti imposti dalla Regione, la municipalizzata può riprendere il prelievo a quattrocento litri al secondo. Una scelta “giusta” che non scontenta nessuno: “La misura non diverge di molto da quella ritenuta indispensabile per scongiurare il pericolo di danni alla salute (pari a 500 litri al secondo) – prosegue l’ordinanza – e nel contempo assicura una minore incidenza sul livello del lago di Bracciano a beneficio degli interessi ambientali e paesaggistici”.

Le avvertenze di Acea

Di recente Acea aveva avvertito la Regione che con la limitazione delle captazioni sarebbero andati in crisi i vigili del fuoco, gli ospedali, gli alberghi, i ristoranti, gli uffici e i negozi. Il Ministero della Salute a sua volta era preoccupato per “il rischio connesso all’impossibilità di mantenere un adeguato livello igienico nelle strutture ricettive e di ristorazione della Capitale, degli uffici pubblici e dei luoghi di ricovero degli animali”.

Pozzi privati

Nei giorni scorsi, il Dipartimento Ambiente della Città Metropolitana di Roma aveva fatto sapere alla Regione Lazio che nel lago di Bracciano sono presento 1.713 “attingimenti” privati. Ma il database è carente e non si conosce quanta acqua prelevi ogni singolo pozzo. Le cifre che hanno infiammato il già caldo clima della Capitale. L’elenco dei prelievi diretti, si specifica, riguarda solo utenze già esistenti e concesse dalla stessa Regione. Di qui 1.713, ben 1.160 pozzi sono a uso domestico, innaffiamenti di giardini e abbeveraggio bestiame, più 115 potabili, a uso umano. 521 sono quelli per “uso non domestico” di cui 401 per irrigazione e 21 per la zootecnia. Dal bacino vengono così prelevati ogni anno tre milioni di metri cubi di acqua. Ma i dati, lamenta Città Metropolitana, “non sono esaustivi perché mancano quelli relativi alle concessioni rilasciate dalla Regione prima del 2001”, anno in cui la gestione dei pozzi passò alla ex Provincia. Prelievi imprecisi anche per i numeri forniti dalla Pisana, risultati “spesso carenti o non coerenti”.

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