“Non ero lì quella sera”, ha detto Serif Seferovic agli inquirenti, durante l’udienza per la convalida del fermo svoltasi ieri, 4 giugno, nel carcere di Torino. L’uomo, 20 anni, è stato arrestato 4 giorni fa dalla Squadra mobile di Roma, in collaborazione con quella del capoluogo piemontese, sospettato di essere la persona che, inquadrata dalla videocamera di sorveglianza, ha lanciato la molotov incendiaria contro il camper della famiglia Halilovic, parcheggiato nei pressi del centro commerciale “Primavera” a Centocelle, provocando la morte delle tre giovanissime sorelle Angelica, Francesca ed Elizabeth. Come annunciato, la decisione del Gip di Torino, Alessandra Danieli, è arrivata poche ore dopo: il magistrato ha convalidato il fermo del giovane sospettato ma ha disposto la sua scarcerazione. Torna dunque in libertà Serif, già tratto in arresto per lo scippo nei confronti della studentessa cinese Zhang Yao (poi uccisa da un treno mentre inseguiva i rapinatori, il 5 dicembre scorso) nei pressi del campo rom di Via Salviati, a Tor Sapienza. Per quel reato, il 20enne aveva patteggiato due anni ma, poiché incensurato, era stato poco dopo rilasciato.
Mancanti gravi indizi di colpevolezza
Il Gip non ha dunque accolto la richiesta della misura di custodia cautelare avanzata dalla Procura di Roma, sostenendo come mancassero gravi indizi di colpevolezza. Seferovic, dopo l’arresto e durante il successivo interrogatorio, ha ripetuto che la sera del 5 maggio scorso si trovava, assieme alla sua famiglia, in un’area di sosta nel quartiere di Prati Fiscali. Una versione sulla quale stanno al momento indagando gli investigatori. Nel frattempo, subito dopo il colloquio con gli inquirenti avvenuto nella giornata di ieri, i legali del giovane hanno richiesto l’acquisizione delle immagini riprese dalle telecamere, specificando peraltro che, quella notte, alcune pattuglie delle Forze dell’ordine hanno effettuato controlli proprio nella zona dove si trovavano i Seferovic.
Clan rivali
Nonostante la convalida del fermo, si resta ancora in attesa di sapere se l’identità del killer corrisponda a quella del 20enne. L’ipotesi della vendetta, in relazione all’arresto del giovane assieme ad altre due persone per la rapina ai danni della giovane Zhang, era stata paventata fin da subito dai parenti delle vittime: gli Halilovic, famiglia piuttosto influente nel campo di Via Salviati, era stata costretta a trasferirsi a La Barbuta proprio perché accusata dagli altri clan di essere coinvolta nel fermo dei tre rapinatori.