Il Campidoglio “batte cassa” e chiede al Governo di risarcire i costi del referendum sulle trivelle fatto lo scorso aprile. La Giunta capitolina, presieduta dalla neo sindaco Virginia Raggi, ha infatti approvato una delibera con cui viene fatta formale richiesta di rimborso allo Stato di 3.564.655,62 euro, anticipati dall’amministrazione comunale. La delibera è stata approvata lo scorso 4 agosto.
I 3 milioni e mezzo (più “spicci”) si aggiungono ai 6.880.210 euro già versati dallo Stato come anticipazione per un totale di costi per la collettività di 10.444.865,62 euro destinati all’organizzazione della consultazione referendaria nella Capitale. Tra le poste più onerose per il Comune, figurano: il personale, 4 milioni (3.996.417,34 euro) tra straordinari e contributi; oltre 2 milioni (2.161.713,50 euro) per diarie e indennità di missione dei componenti dei seggi elettorali e degli uffici centrali.
Nell’elenco delle spese che verranno presentate al premier, ci sono inoltre più di 600mila euro spesi per gli apparati telefonici e fax, quasi 400mila per gli impianti di illuminazione e 300mila per la manutenzione dei plessi scolastici.
Virginia Raggi aveva votato “sì” il 17 aprile scorso sul referendum trivelle ottenuto, per la prima volta, dalle Regioni. Furono infatti nove consigli regionali a depositare le firme necessarie per indire il voto popolare. Un referendum richiesto, tra l’altro, da governatori in buona parte iscritti al Partito Democratico, che di fatto si erano opposti alla politica energetica del loro segretario e premier, Matteo Renzi.
Alla fine, il referendum risultò “non valido” perché non si raggiunse il quorum (50%+1 degli aventi diritto). Si recò alle urne solo il 31,2%; di questi, l’85,8% votò “Sì”, e il 14,2% scelse il “No”.