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Qualità della vita: Roma precipita. Le cause di un’agonia Capitale

Passano gli anni, si rinnovano le amministrazioni, cambiano le persone, ma Roma resta sempre la stessa. Anzi, peggiora. Impietosi e (purtroppo) poco contestabili, arrivano i dati raccolti dall’Università “La Sapienza” in merito alla qualità della vita delle città italiane. Mantova prima della classe, Trento e Belluno sul podio, e metropoli giù, molto giù: Milano al 56esimo posto, Torino al 70esimo, Napoli addirittura terzultima, in 108esima posizione. E Roma? Un disastro: basti pensare che, nel corso di un solo anno, sono ben 19 le posizioni perse dalla Capitale, che piomba dal 69° all’88° posto, in graduatoria. Colata a picco anche per quanto riguarda le voci ambiente (84esima), tenore di vita (103esima, a meno 9 posizioni rispetto al 2015) e servizi sanitari (decimo posto, rispetto all’ottavo di un anno fa).

Tutto sembra peggiorato, insomma. E questo non è che uno specchio freddamente numerico di una realtà troppo palese per poter anche solo pensare di intraprendere un dibattito campanilistico. Questo perché, a lamentarsi delle condizioni della città, sono in primo luogo i romani, coloro che vivono il traffico, i rifiuti lungo le strade e il disagio dei mezzi pubblici, per citare solo le problematiche maggiori. E allora, di chi è la colpa? Dell’amministrazione locale, di quella centrale o, magari, di una mancata sintonia fra le due?

Il paradosso, in fondo, è sempre stato questo. I disagi sociali e territoriali della Capitale, bene o male, sono sempre gli stessi, alcuni dei quali assurti ormai a livelli storici, e il gigantesco flipper istituzionale, in quanto tale, ha esclusivamente giocato di rimbalzo: destra o sinistra, infatti, il risultato non è mai pressoché cambiato, o almeno non così tanto da far gridare a qualche miglioramento. Il dato numerico, infatti, non è che la conferma statistica di quanto gli abitanti sanno già da tempo: a Roma c’è tanto da sistemare. Ma questo non avviene. E il perché non si sa. Non si è mai saputo, né prima né ora. E’ così e basta.

Dal centro alle periferie, da nord a sud, non c’è quartiere o municipio che non lamenti le medesime problematiche, in particolare nelle aree più estreme, dove il disagio è decisamente più tangibile. Ma qualcosa di profondamente sconnesso, legato proprio al ruolo di capitale che la città riveste, in effetti c’è, ed è alla radice: può esistere, a livello governativo, un problema-Roma? Uno dei centri turistici più importanti del mondo, con un’offerta artistica e culturale tra le più varie e affascinanti, al netto dei tanti problemi inevitabili per una grande città, non dovrebbe rappresentare, forse, la migliore delle opportunità? Finora no, o almeno non tanto. Per questo la città scende, anche nell’offerta turistica, il suo settore migliore.

Di fatto, la Roma di oggi è peggio di quella di ieri: code chilometriche, scioperi dei mezzi, mancate riqualificazioni, commercio in crisi, criminalità in salita, contrasti interni tra istituzione e aziende. Non si chiedono miracoli ma, d’altronde, la tutela della propria capitale dovrebbe rappresentare un discorso implicito di qualsiasi governo, non solo italiano. Peraltro, considerando i quasi sei mesi ormai trascorsi dall’insediamento della nuova giunta, le prospettive di una svolta sono tutt’altro che vicine: “Quelli su Roma sono dati che abbiamo ereditato dal passato – ha commentato il sindaco Virgina Raggi -. Ci aspettiamo che il Governo stipuli un Patto per Roma, così come ha già fatto per Milano: i romani lo attendono”. Il promesso cambio di passo sembra ancora lontano.

 

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