La casa del cinema di Roma accoglie uno degli emblemi della cultura italiana: fino al prossimo 8 gennaio, gli studi di Cinecittà si apriranno per ospitare la mostra “Pinocchio a Cinecittà: Natale nel paese dei balocchi”. Un percorso straordinariamente vario dedicato all’immortale burattino, pensato per ogni fascia d’età, incentrato sulla creazione e le vicende del personaggio creato da Carlo Collodi e sulle numerosissime opere attinenti. Tra gli oggetti esposti, i costumi originali impiegati nel film di Roberto Benigni (2002). Ma non solo: la retrospettiva prevede diverse iniziative a tema, tra le quali alcuni laboratori creativi per bambini nell’area verde del Play garden o la preparazione di dolci e pietanze tradizionali. Non mancheranno, ovviamente, le proiezioni di storiche trasposizioni animate o cinematografiche del romanzo. Tutti gli ingredienti, insomma, per calarsi appieno nella magica atmosfera di un racconto senza tempo.
“C’era una volta… ‘Un re!’ – diranno subito i miei piccoli lettori. No ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno”. E nemmeno un granché come pezzo di legno, dirà poi l’autore proseguendo quello che resta uno degli incipit più famosi della letteratura italiana. Il pezzo di legno in questione, ovviamente, è Pinocchio, protagonista dell’opera letteraria “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino“, uscita nel 1881, a puntate, sul Corriere dei piccoli. Non che lo scrittore avesse poi chissà quanta verve letteraria in quel momento. Anzi, fosse stato per lui le suddette avventure sarebbero terminate ben prima del finale che tutti conosciamo. Per fortuna, quando fu il momento, quegli stessi piccoli lettori citati nella prima frase del romanzo, si fecero ben sentire, chiedendo a gran voce la prosecuzione di una storia che, di lì a breve, sarebbe diventata uno dei capisaldi dell’identità culturale del nostro Paese.
Pensandoci bene, lasciare la storia in sospeso, non sarebbe stata la scelta migliore. E, probabilmente, anche Carlo Collodi deve averci pensato, allestendo infine per lui un meraviglioso lieto fine: un burattino fatto di legno da caminetto si trasforma in un bambino vero. C’è forse qualcosa di più bello? L’interruzione, a ogni modo, aveva richiesto ben due anni per consentire al racconto di concludersi. Ma d’altronde si sa: le opere immortali, spesso, sono proprio quelle che non erano state concepite per esserlo, nate e cresciute senza aspettative di sorta.
Da quel 1883, infatti, è iniziata un’altra storia, tutta in discesa (o in ascesa, a seconda dei punti di vista): film, cartoni animati, serie televisive, opere teatrali, in innumerevoli versioni, trasposizioni e pellicole incentrate su nient’altro che un piccolo burattino dispettoso, hanno reso quella di Pinocchio, probabilmente, la più celebre opera di letteratura per l’infanzia italiana. E, certamente, una delle più famose del mondo, tanto da invogliare nientemeno che Walt Disney a farne uno dei suoi classici.
A spiegarne il successo ci hanno provato in tanti. Cosa affascinò all’epoca? E cos’è che continua, dopo oltre un secolo, a coinvolgere, appassionare e divertire? Forse il suo linguaggio, popolare e accessibile a chiunque; oppure l’ilare ingenuità (e proverbialità) delle sue disavventure; o magari a quel percorso di redenzione e di crescita culminato nella trasformazione in un autentico bambino. Qualunque sia il motivo, una cosa è assolutamente certa: Pinocchio non cessa e, probabilmente, non cesserà mai di incantare grandi e bambini, ogni volta con qualcosa di nuovo da affiancare al consueto.
Un riconoscimento davvero speciale per un semplice burattino. No, decisamente lasciarlo appeso a un albero non sarebbe stata la scelta giusta.