Ho pagato tutti“. Laddove per “tutti”, Luca Parnasi intende i partiti politici. L'ammissione è arrivata nel corso dell'interrogatorio fiume andato in scena al carcere di Rebibbia, davanti al procuratore aggiunto Paolo Ielo e al sostituto Barbara Zuin che indagano sullo stadio della Roma.
Il costruttore, che ha deciso di collaborare, avrebbe confermato il quadro emerso dalle intercettazioni telefoniche e ambientali trascritte nell'ordinanza di custodia cautelare. Come sospettavano i pm e i carabinieri del nucleo investigativo che per mesi hanno monitorato ogni sua mossa, Parnasi, interessato a non conoscere ostacoli di alcun tipo nella realizzazione del nuovo stadio della Roma, non aveva scrupoli né imbarazzi a elargire denaro e altre utilità a chiunque, a esponenti politici, movimenti, fondazioni o partiti, che fossero di maggioranza o no.
Somme in chiaro, tracciate, di cui sono stati spiegati significato e scopo, più altri contributi su cui dovranno essere fatti approfondimenti investigativi per capire se di natura lecita o illecita. Parnasi pagava per risultare simpatico, per aggirare possibili intoppi di natura burocratica e incassare autorizzazioni e “via libera” di tipo tecnico, per velocizzare l'iter amministrativo di determinate procedure, per mantenere rapporti cordiali con chiunque, o anche solo per accreditarsi negli ambienti che contano in vista di futuri progetti imprenditoriali da intraprendere non solo a Roma. Lo dicono le carte istruttorie, e di fatto lo avrebbe confermato lo stesso Parnasi nel “faccia a faccia” con i pm. “Io pago tutti”, aveva detto in una delle tante intercettazioni contenute nel provvedimento restrittivo del gip Maria Paola Tomaselli. “Sulle elezioni spenderò qualche soldo – aveva aggiunto a un suo collaboratore in un'altra conversazione captata dagli investigatori – è un investimento che devo fare… molto moderato rispetto a quanto facevo in passato quando ho speso cifre che manco te le racconto però la sostanza è che la mia forza è quella che alzo il telefono…”
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