E’ stata definitivamente fissata la data della sentenza per i 46 imputati nel maxi-processo di Mafia Capitale: come comunicato in apertura dell’udienza odierna (la 230esima) nell’aula bunker di Rebibbia dal presidente della X sezione penale, Rosanna Ianniello, sarà il 20 luglio il giorno decisivo, quello in cui si conoscerà l’esito delle richieste del procuratore Paolo Ielo e dei due sostituti Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini i quali, al termine delle tre requisitorie, hanno chiesto complessivamente 515 anni di carcere. A 19 dei 46 imputati la Procura contesta il reato di associazione di stampo mafioso, ipotesi di reato contestata in particolare dai legali di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi durante le loro arringhe. Proprio l’ex Nar e il Ras delle cooperative, hanno ricevuto la più pesante richiesta di detenzione: 28 anni per il primo, 26 e tre mesi per il secondo.
Le dichiarazioni di Buzzi
All’interno dell’aula bunker del carcere romano, proprio il fondatore della “29 giugno” sta rilasciando delle dichiarazioni spontanee, collegato in videoconferenza dal carcere di Tolmezzo, dove è recluso in regime di 41bis. Ed è ancora la figura di Franco Panzironi, ex dg di Ama all’epoca della giunta Alemanno, a finire nel mirino di Buzzi il quale, dopo aver relazionato per ben 8 udienze, ha raccontato ulteriori dettagli sui legami intrattenuti con l’allora dirigente (per il quale i pm hanno chiesto 21 anni) per il favoreggiamento della “29 giugno” negli appalti Ama: “Avvertii Carminati che Panzi ci aveva chiesto altri 50mila euro: facemmo in tempo a dargliene solo 40mila perché subito dopo ci arrestarono”.
Verso la sentenza
Al termine delle dichiarazioni di Buzzi e del commercialista Di Ninno, si chiuderà la tranche processuale della max-inchiesta, in attesa della sentenza. L’iter giudiziario a carico dei 46 imputati coinvolti è partito nel 2015 e, da allora, si sono rese necessarie ben 229 infuocate udienze, l’ultima parte delle quali dedicate agli interrogatori dello stesso Ras delle coop e di Carminati (quest’ultimo ascoltato in due sessioni), alle requisitorie dei pm e alle arringhe della difesa. Nell’ultima udienza, l’avvocato del “Cecato” aveva definito quello sul Mondo di mezzo come “un processetto”.