“Io sono stato in guerra con il mondo fino a quando non mi hanno sparato ma per me la guerra non è mai finita anche se io adesso sono al 41 bis. Non ci sono problemi, io la guerra me la faccio da solo, meglio uno contro tutti che tutti contro uno. Fanno la fila per ammazzarmi, non c’è problema. Ma sarà dura per tutti”. Continua a parlare del suo passato, Massimo Carminati, ma lo fa “malvolentieri”, come detto dallo stesso ex Nar in collegamento dal carcere di Parma. In quell’occasione, da lui citata, (era il 21 aprile del 1981) si guadagnò l’appellativo di “immortale” negli ambienti della malavita romana ma perse anche l’occhio sinistro: “Ma quale immortale? Mi hanno sparato in faccia quelli della Digos, io e altri stavamo dentro due furgoni… Ci hanno sparato come cani, sulla macchina sono stati trovati 145 colpi. Ci hanno sparato e basta, io ero dietro in macchina non sono neanche sceso”. Ma Carminati non si sofferma su questo punto, sostenendo che “erano altri tempi, era giusto che andasse così in quel momento e non mi interessa neanche spiegare. Non mi sono costituito neanche parte civile”.
Carminati e la Banda
Nel corso della prima tranche di interrogatorio, il Cecato aveva tenuto a ribadire la sua fede politica di “fascista degli anni ’70”, ribadendo il diktat “fascista sì, mafioso e spia no”. Ma il tono “da capo” tradisce, anche quando è tornato in modo deciso sugli appellativi da Romanzo criminale a lui attribuiti che, in qualche modo, lo avevano ridotto secondo lui “a una macchietta. Pure mia moglie ha cominciato a chiamarmi ‘A’ Scamarcio!'”. Oggi, del resto, della Banda della Magliana ha parlato, in particolare della sua conoscenza col “Negro” Giuseppucci, ma solo perché “abitava a 50 metri da casa mia. Ci conoscevamo da ben prima della banda. Io facevo politica e anche lui era vicino politicamente a me. Per me era un amico ma sia chiaro: non c’è nessuna proprietà transitiva”.
“Non trafficavo droga”
Poi, il suo legale gli chiede spiegazioni in merito a una particolare intercettazione riferita ai suoi contatti con la Banda, e l’ex Nar ha fornito la sua versione: “Li conoscevo ma loro trafficavano la droga che a me non è mai interessata, tanto è vero che io sono stato condannato solo per le armi sotto il ministero della Sanità, che hanno detto riconducibili a me…. Mi hanno accusato di ogni cosa diventai per il mondo l’anello mancante tra la realtà politica e quella criminale. Signor giudice, io quando parlo metto sempre in preventivo che non sono una mammoletta ma divenni la rappresentazione del genio del male e i giornali mi accollarono cose come il traffico di droga che io, per scelte personali mai ho fatto e mai farò “.
Si rivolge quindi al pm Luca Tescaroli, da lui definito “un buon nemico, perché è cattivo con tutti. Ritengo che sia meglio avere un buon nemico, che è sincero, piuttosto che un pessimo amico”.