L’ordine, più o meno esplicito, era arrivato dall’apice dello stato generale del Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio: da Luca Lanzalone, presidente di Acea e fra i nomi di maggior spicco fra quelli travolti dallo tsunami che ha investito il progetto Stadio della Roma, “ci si aspettava un gesto importante”, un segnale forte che, tacitamente, implicava le sue dimissioni dal vertice dell’azienda. E, nel pomeriggio, Lanzalone ha deciso di fornire quanto gli era stato richiesto, recedendo dal suo ruolo presidenziale: dimissioni, le prime connesse alla vicenda stadio. Acea ha annunciato la decisione del suo numero uno con una nota apparsa sul sito web dell’azienda: “L’avvocato Lanzalone ha rimesso il mandato di Presidente del Consiglio di Amministrazione di Acea SpA. Il Consiglio di Amministrazione, nella riunione del 21 giugno 2018, assumerà le opportune determinazioni al riguardo”.
Prosperetti indagato
Ma non solo Lanzalone. La lista degli iscritti nel registro degli indagati, infatti, si allunga con nomi altrettanto altisonanti di quelli già sentiti finora, primo fra tutti (il 17esimo dell’elenco) quello di Francesco Prosperetti, direttore della Soprintendenza speciale archeologica belle arti paesaggio di Roma il quale, secondo quanto ipotizzato dai pm, sarebbe stato avvicinato dall’ex capo segreteria del Ministro ai Beni culturali, Claudio Santini (ai domiciliari), quando Prosperetti era “chiamato a pronunciarsi sul vincolo” delle tribune dell’ex Ippodromo di Tor di Valle, il quale fu poi archiviato. Come riscontro la Procura indica “un incontro tra il Sovrintendente e il gruppo Parnasi il 19 maggio del 2017” e la successiva decisione di affidare al’architetto Paolo Desideri “la redazione di un progetto necessario per superare la questione del vincolo”. Quella di Santini, secondo la Procura, fu una sorta di “mediazione per conto di Parnasi”, per la quale percepì un compenso di 53.440 euro.
Parnasi: “Mai commesso reati”
Nel frattempo, dal carcere, il costruttore e titolare del progetto, Parnasi, si difende attraverso i suoi legali, Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini, con i quali si è incontrato nel penitenziario di San Vittore: “Non ho mai commesso reati. Abbiamo lavorato per anni, 24 ore al giorno, solo per realizzare un progetto”. Parnasi potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere davanti al gip lombardo, nominato dai colleghi romani per rogatoria. Secondo quanto riferito dall’avvocato Ricci, la decisione sarebbe già stata comunicata, ma “domani comunque prenderemo contatto con i pubblici ministeri di Roma per fissare ulteriori passi formali”.