Niente 416 bis, niente mafia: i giudici della Cassazione hanno stabilito che Mondo di mezzo non fu Mafia Capitale. Il maxi processo contro le due riconosciute associazioni a delinquere non fu, quindi, a carico di un gruppo criminale di stampo mafioso, come invece era stato sentenziato dalle condanne arrivate in Appello (anche se non in primo grado), quelle che riconobbero a Salvatore Buzzi, Massimo Carminati e le altre persone coinvolte l'aggravante del 416 bis. Ora, con la sentenza della Corte Suprema, sarà necessario un altro processo, un appello bis, nel quale andranno riviste le pene alla luce della caduta del reato contestato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Revisioni che riguarderanno l'ex Nar, il ras delle cooperative e tutti gli altri imputati (sedici in tutto) per i quali era stata riconosciuta tale aggravante.
Le reazioni
Soddisfazione fra i legali degli imputati, con l'avvocato Giosuè Naso, che seguì Carminati nei primi due gradi di giudizio, a commentare che questa sentenza assume la forma di “una sconfitta del metodo di fare i processi del dottor Pignatone, che per fortuna non è più a capo della Procura, perché fare processi alle persone sulle supposizioni per quello che si ritiene che siano e non per quel che fanno non mi sembra rispetto del principio di legalità. Questa sentenza ristabilisce questo principio che si era indebolito fortemente”. Stessi toni anche per l'avvocato di Buzzi, Alessandro Diddi: “la Cassazione ha riconosciuto quello che dicevamo sin dall'inizio e cioè che c'era un sistema di corruzione marcio ma non la mafia”. Il pronunciamento della Corte di Cassazione è stato commentato anche dalla sindaca di Roma, Virginia Raggi, secondo la quale “questa sentenza conferma comunque il sodalizio criminale. È stata scritta una pagina molto buia della storia di questa città. Lavoriamo insieme ai romani per risorgere dalle macerie che ci hanno lasciato, seguendo un percorso di legalità e diritti. Una cosa voglio dire ai cittadini onesti: andiamo avanti a testa alta“. Secondo il magistrato Alfonso Sabella, invece, si tratta di “una questione assolutamente nuova alla Cassazione. Sono interessatissimo alle motivazioni per capire il ragionamento tecnico-giuridico… Mi pare almeno di capire che la Cassazione ha confermato che, per un periodo, la macchina amministrativa è stata ostaggio di criminali che avevano piegato l’interesse pubblico agli interessi privati, alterando le regole della buona amministrazione con la complicità di una burocrazia romana che nei migliori dei casi era incapace, in altri casi ancora corrotta”.