Il forcing di Giorgia Meloni su Matteo Salvini è servito solo a rallentare l'approdo verso la Lega. Ma non a bloccare l'emorragia di consiglieri comunali e municipali che ora mette in seria crisi la stessa esistenza di Fratelli D'Italia. A Roma “i gabbiani” hanno le loro radici. Qui è cresciuta la corrente di Fabio Rampelli, poi confluita nel partito di ex aennini che con la scissione del Pdl decisero di non proseguire la propria esperienza politica dentro Forza Italia, scegliendo di costruire un'alternativa di destra, ripartendo dall'esperienza di An e del Msi. Continuità simboleggiata dal posizionamento della Fiamma nel cuore dello stemma.
Dirigenti in uscita
La rottura era nell'aria dopo la deludente perfomance delle ultime elezioni. Ma soprattutto dopo il mancato accesso, rispettivamente in Consiglio regionale e al Senato, di due storici esponenti della destra romana: Fabrizio Santori e Federico Iadicicco. Un flop maturato nonostante l'ottima prestazione elettorale (8.375 preferenze per Santori e oltre 91.500 per Iadicicco) per il quale i due ex dirigenti puntano il dito contro la leadership di partito, “colpevole” di aver favorito i fedelissimi del duo Rampelli-Meloni, in fase di campagna elettorale e nella composizione delle liste. E proprio Santori e Iadicicco oggi sono i capifila dell'incredibile svolta politica che sta andando in scena all'ombra del Colosseo. “Oggi ho ufficializzato le mie dimissioni da Fratelli d’Italia – scrive l'ex consigliere regionale su Facebook -. Le ragioni sono a molti note e già avevo avuto modo di condividerle con tutti voi nelle scorse settimane, una su tutte l’incomprensibile posizione ondivaga sul sostegno ai temi forti dell’attuale governo nazionale. (…) I sani rapporti fiduciari, l’attenzione alla comunità che si rappresenta, la valorizzazione del Merito, le regole chiare, i contenuti dell’offerta politica e le scelte fatte in queste settimane (unite a quelli che sono gli auspici che ho avuto modo di sondare all'interno dei tanti cittadini che mi scrivono e chiamano), sono per me elementi imprescindibili per poter lavorare quotidianamente con entusiasmo, passione e concretezza. Insieme a tanti, consiglieri e no, abbiamo ritenuto che tali elementi fossero venuti meno da diversi mesi a questa parte”. Iadicicco, da parte sua, spiega “la politica ha una sua liturgia stantia ed un po' ipocrita alla quale in 25 anni non mi sono mai abituato, sarà per questo che molti amici mi dicono che politicamente ho ricevuto nulla rispetto a quello che ho dato. È sicuramente per questo che per comunicare pubblicamente che siamo usciti da Fratelli d'Italia ho atteso qualche giorno rispetto alla comunicazione che avevo già fatto, personalmente, settimana scorsa a Giorgia Meloni. (…) “Non starò qui a lanciare accuse, non è il luogo e non serve, semplicemente vi dico che da molto non condividevamo alcune fondamentali scelte di posizionamento politico, la strutturazione di un partito ideologico in un' epoca post ideologica. A questo va aggiunta, l'incapacità del partito qui a Roma di aprirsi veramente, profondamente ad altre esperienze, lasciarsi contaminare per crescere. Non credo sia avvenuto per volontà esplicita, molto probabilmente per un riflesso incondizionato, per un'abitudine consolidata, sedimentata in un modo di gestire le cose, ma purtroppo è avvenuto. Abbiamo provato ad offrire un cambiamento ma non ci siamo riusciti e non crediamo ci siano più margini, per questo usciamo”.
Verso il Carroccio
Sul piano della rappresentanza territoriale l'addio dei due dirigenti si traduce in una fuga dei consiglieri municipali eletti nell'ambito delle loro correnti, 10 in tutto fra santoriani e iadicicchiani. A questi si aggiungono i 2 consiglieri comunali Maurizio Politi e Francesco Figliomeni. Per ora la loro esperienza politica proseguirà nel gruppo Misto. Il futuro, però, sembra colorato del verde del Carroccio. E pensare che Santori, nei panni di presidente della Commissione sicurezza urbana del Comune ai tempi della giunta Alemanno, fu più volte critico nei confronti del partito allora guidato da Umberto Bossi. Dopo il famoso “pranzo della pajata” con cui venne sancita la pace tra l'ex sindaco e il senatur a seguito dell'ennesima sparata contro Roma e i romani proveniente da via Bellerio, in una nota scrisse: “Ci auguriamo che la pace siglata sotto il sole dell’ottobrata romana, festeggiata da polenta e rigatoni alla vaccinara, non assopisca, nel torpore festaiolo del Frascati, chi è chiamato a vigilare perché si ponga fine all’arrogante atteggiamento di Bossi nei confronti della Capitale”. Sembra passata un'era geologica. Oggi Salvini ha cambiato il motto del Carroccio da “prima il Nord” a “prima gli italiani” e potrebbe guardare proprio a due esperti dirigenti locali per realizzare un'operazione che fino a qualche anno fa sarebbe sembrata una follia: radicare la Lega nella ex odiata Capitale.