Dopo otto anni di assenza, torna nella Capitale la Quadriennale di Roma. Si terrà negli spazi di Palazzo delle Esposizioni, dove sarà inaugurata dal 13 ottobre 2016. Si concluderà l’8 gennaio 2017. L’esposizione darà spazio a 99 artisti tra scultori, fotografi e pittori. Organizzata in dieci sezioni espositive, sotto la guida di undici curatori selezionati da 5 esperti, sarà “un percorso con un obiettivo, quello di mostrare le energie che ci sono in questo Paese”, come ha affermato Franco Bernabé, Presidente della Fondazione La Quadriennale di Roma.
La Quadriennale è, infatti, una Fondazione nata nel 1931 con finalità di promozione dell’arte contemporanea “Made in Italy”. Quando nacque era una rassegna d’arte italiana che, ogni quattro anni, avrebbe dovuto fare il punto sulla produzione dell’arte figurativa nazionale ed esporla, senza sovrapporsi in alcun modo alla Biennale di Venezia, il cui svolgimento e la cui natura è stata sempre intesa come manifestazione artistica internazionale, quindi con altre caratteristiche. La Quadriennale, svoltasi ogni quattro anni con cadenza più o meno regolare fino al 2012, quando si interruppe per mancanza di fondi non è stata realizzata. Questa Quadriennale ha un budget di due milioni di euro, la metà dei quali finanziati dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Mibact, l’altra metà da sponsor vari.
Il ministro Franceschini, a questo proposito, ha dichiarato: “La Quadriennale si inserisce in un percorso, quello che vuole valorizzare il presente che sarebbe sciocco non considerarlo come investimento, dal momento che si può usare anche come veicolo di attrazione turistica”. Il titolo scelto per questa edizione è “Altri tempi, altri miti”, ispirato dai romanzi dello scrittore Pier Vittorio Tondelli, scelto come “sintesti felice e produttiva del volersi confrontare con questo passato prossimo”, spiega il curatore Luigi Fassi, che parla di modalità di lavoro a stretto contratto con committenza (Fondazione Quadriennale e Azienda Speciale Palaexpo) e con il tavolo dei curatori.
I curatori Simone Ciglia e Luigia Leonardelli hanno lavorato alla sezione “I would prefer not to/Preferirei di no”, un progetto il cui titolo è ispirato da un racconto di Melville. “Ci siamo subito posti se agire o meno in senso generazionale”, spiega Leonardelli, menzionando l’artista Gianfranco Baruchello, classe 1924, inserito proprio nel loro progetto come prova di un lavoro di selezione portato avanti scegliere gli artisti in base all’età. Il curatore Michele d’Aurizio, nella sua sezione “Ehi, voi!” include 22 nomi le cui opere sono composte anche anche da performances e romanzi d’artista. Luigi Fassi nella sezione “La Democrazia in America”, la cui ispirazione originaria è quella del pensiero di De Tocqueville, ha invitato artisti nati tra gli anni ’70 e ’80.
Anche il curatore Simone Frangi attinge alla filosofia e alle scienze sociali per il suo progetto “Orestiade italiana”, che ha realizzato tenendo a mente “Appunti per un’Orestiade Africana” di Pier Paolo Pasolini. “Ad occhi chiusi, gli occhi sono straordinariamente aperti” è il titolo scelto (come omaggio all’artista Marisa Merz) da Luca Lo Pinto per la sua sezione che raccoglie artisti nati negli anni ’70 e ’80 eccetto Emilio Villa. L’allestimeno, spiega Lo Pinto, sarà “quasi teatrale,organizzato come se le opere avessero gli occhi e guardassero lo spettatore, per un discorso fenomenologico più che antropocentrico e lasciando al visitatore libertà interpretativa”.
Matteo Lucchetti cita Lucrezio nella sua sezione “De Rerum Rurale”; a tenere viva la Quadriennale ci pensa il progetto “Lo stato delle cose” di Marta Papini che, a differenza degli altri curatori, non propone una collettiva ma un susseguirsi di sette “eventi” con sette artisti diversi: sarà una sorta di esercizio di attenzione ogni volta, uno studio visit con un evento perfomativo, una conversazione o la proiezione di un filmato. Cristiana Perrella con “La seconda volta” sceglie quattro artisti tra cui Franceso Vezzoli; sono quattordici i nomi scelti da Domenico Quaranta nella sua sezione “Cyphoria”; otto per la sezione “Periferiche” di Denis Viva che ha scelto, come suggerisce il titolo, artisti che lavorano lontano dalle grandi città, sia fisicamente che metaforicamente.