Sei tribolati mesi di assessorato e cinque capi d’accusa ai quali rispondere in Procura, il prossimo 21 dicembre: si prospettano giorni di fuoco per la dimissionaria assessora all’Ambiente, Paola Muraro, da tempo al centro di un’indagine, nonché di un dibattito politico interno ed esterno ai Cinque stelle, culminato con l’arrivo dell’informazione di garanzia nell’ambito dell’inchiesta sugli illeciti ambientali verificatisi all’interno degli impianti per il trattamento dei rifiuti. Le dimissioni, accettate dalla sindaca Raggi, arrivano cinque mesi dopo l’iscrizione del nome della Muraro nel registro degli indagati. Finora, però, nessun invito a comparire in interrogatorio era giunto in Campidoglio e, mentre il partito si sfrondava sulla questione, la sindaca ha continuato a difendere il suo membro di giunta, sostenendo a più riprese la volontà di voler leggere i fascicoli.
Le sudate carte, a quanto sembra, sono infine arrivate sul colle capitolino e Raggi non ha potuto che prendere atto della situazione, riservandosi, però, le deleghe di competenza all’ambiente, in attesa di ulteriori chiarimenti. Questo in virtù delle dichiarazioni della stessa assessora – la quale sostiene la sua totale estraneità ai fatti – e, eventualmente, di un reintegro nella squadra amministrativa che, nel frattempo, continua a perdere pezzi.
I capi d’imputazione contestati all’assesora dimissionaria, sono tutti in riferimento all’epoca in cui ricopriva il ruolo di consulente Ama, posizione che le avrebbe garantito un peso quasi dirigenziale all’interno della municipalizzata dei rifiuti. In particolare, nei fascicoli si parla di violazione dell’articolo 256 comma 4 legge 2006 (reati ambientali), in concorso, a seconda dei singoli casi, con altri quattro responsabili. Nell’invito a comparire in interrogatorio, firmato dal pm Alberto Galanti e dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Paolo Ielo, viene specificata la contestazione “per aver operato una gestione dei rifiuti in violazione delle prescrizioni delle autorizzazioni riguardanti la gestione degli impianti stessi, per quanto in particolare concerne le percentuali di trasformazione dei rifiuti in ingresso in CDR, FOS e Scarti di lavorazione per gli anni 2010-2015, distintamente per l’impianto Rocca Cencia e Salario”. Come specificato ancora nel provvedimento, “i dati risultanti da tale analisi indicano infatti una notevole discrasia tra quanto previsto dal D.M. 25 marzo 2013 e le performance raggiunte dagli impianti di trattamento meccanico e biologico gestiti da Ama S.p.A”.
Un altro punto, riguarda ancora i due impianti di smaltimento in questione, in merito ai quali l’ex consulente Ama avrebbe applicato “una gestione non autorizzata di rifiuti speciali, volta al recupero energetico presso impianti di termovalorizzazione o incenerimento non autorizzati a smaltire i rifiuti classificati con il codice CER 191212, presso una serie di impianti di smaltimento/recupero/termovalorizzazione”. Gli ultimi reati contestati, riguardano la presunta violazione delle prescrizioni legate allo stoccaggio dei rifiuti prodotti dal processo di trattamento meccanico e biologico dei rifiuti urbani indifferenziati. Probabile archiviazione, invece, per quanto riguarda il reato di abuso d’ufficio.
Non sussistendo una revoca del mandato né, di conseguenza, un obbligo di sostituzione per il ruolo di Paola Muraro, almeno per il momento non sembra essere partito un toto-assessore. A ogni modo, stando alle parole di Paolo Ferrara, capogruppo M5S in Campidoglio, i tempi decisionali su un eventuale sostituto saranno brevissimi. Del resto, considerando il trascorso della vicenda, e al netto della fiducia concessa dalla sindaca fino a oggi, è probabile che una lista di candidati papabili fosse già stata stilata. Naturalmente, niente è certo, e tutto dipenderà dal prosieguo dell’indagine.