L’Ordine dei medici di Roma scende in campo nel caso legato al concorso, riservato ai non obiettori, per l’assunzione di due ginecologi all’ospedale San Camillo. Il presidente Giuseppe Lavra ha chiesto formalmente alla Regione Lazio di revocare un atto che definisce “iniquo”. Lavra ha anche invocato l’intervento del Comitato Centrale della Federazione nazionale, la Fnomceo, affinché si pronunci su questa vicenda. “Prevedere un concorso soltanto per non obiettori di coscienza – spiega – ha il significato di discriminazione di chi esercita un diritto sancito dalla bioetica e dalla deontologia medica”.
Pronta la replica della Regione: “Le procedure avviate oltre un anno fa, per completare l’organico dei servizi dedicati alle prestazioni assistenziali relative all’applicazione della legge 194 presso l’ospedale San Camillo, – spiega una nota – non contengono alcuna forma di iniquità poiché non vi è nel testo del decreto alcun accenno o riferimenti,tra i requisiti previsti,all’obiezione di coscienza, ma una specifica indicazione delle funzioni da svolgere per le prestazioni assistenziali legate all’erogazione del servizio”.
L’Ospedale San Camillo di Roma assumerà due ginecologi non obiettori, con un concorso finalizzato proprio al servizio di interruzione volontaria di gravidanza (ivg). Una procedura discutibile che però il governatore Nicola Zingaretti ha difeso a spada tratta, in quanto, sostiene, attua al meglio proprio la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza. Di avviso contrario tanto la Cei che i medici cattolici, secondo cui il concorso non solo non rispetta il vero fine della legge 194 (cioè prevenire gli aborti) ma presenterebbe anche profili di incostituzionalità. In particolare l’articolo del bando che prevede la possibilità di licenziare il vincitore della procedura che entro sei mesi dall’assunzione opti per l’obiezione.