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Papa: “No alla globalizzazione che sradica i popoli”

Che il viaggio di Papa Francesco in Romania sia nel segno dell'ecumenismo lo dimostra l'incontro che ha avuto oggi con il Sinodo permanente della Chiesa ortodossa rumena. Lo dimostrano, soprattutto, le parole di unità che ha pronunciato, sulla scia di quelle – celebri – che pronunciò San Giovanni Paolo II insieme al patriarca Teoctist a Bucarest nel 1999: “Unitate, unitate!”. Il Vescovo di Roma afferma che “il ricordo dei passi compiuti insieme ci incoraggia a proseguire verso il futuro nella consapevolezza – certamente – delle differenze ma soprattutto nell’azione di grazie di un’atmosfera familiare da riscoprire, nella memoria di comunione da ravvivare, che come lampada getti luce sui passi del nostro cammino”.

“Ci unisce la memoria non dei torti subiti, ma delle radici”

Rivolgendosi al patriarca Daniel, che aveva già abbracciato nel palazzo presidenziale, e poi ancora durante l'incontro privato, Francesco è tornato sull'incontro di vent'anni fa: “Beatitudine, caro Fratello, vent’anni fa l’incontro tra i nostri predecessori fu un dono pasquale, un evento che contribuì non solo alla rifioritura delle relazioni tra ortodossi e cattolici in Romania, ma anche al dialogo tra cattolici e ortodossi in generale. Quel viaggio, che per la prima volta un vescovo di Roma dedicava a un Paese a maggioranza ortodossa, aprì la via ad altri eventi simili”. Quel grido “Unitate, unitate!” per Francesco “fu un annuncio di speranza sorto dal Popolo di Dio, una profezia che ha inaugurato un tempo nuovo: il tempo di camminare insieme nella riscoperta e nel risveglio della fraternità che già ci unisce”. L'appello di Bergoglio dunque è a “camminare insieme con la forza della memoria”, ma – precisa – “non la memoria dei torti subiti e inferti, dei giudizi e dei pregiudizi, che ci rinchiudono in un circolo vizioso e portano ad atteggiamenti sterili, ma la memoria delle radici: i primi secoli in cui il Vangelo, annunciato con parresia e spirito di profezia, ha incontrato e illuminato nuovi popoli e culture; i primi secoli dei martiri, dei Padri e dei confessori della fede, della santità quotidianamente vissuta e testimoniata da tante persone semplici che condividono lo stesso Cielo”. “Grazie a Dio – la riflessione del Papa – le nostre radici sono sane e salde”.

“No alla cultura dell'odio”

Insieme, cattolici e ortodossi, hanno bisogno di ascoltare il Signore – afferma il Vescovo di Roma – “soprattutto in questi ultimi tempi, nei quali le strade del mondo hanno condotto a rapidi cambiamenti sociali e culturali”. Egli rileva che “dello sviluppo tecnologico e del benessere economico hanno beneficiato in molti, ma i più sono rimasti inesorabilmente esclusi, mentre una globalizzazione omologante ha contribuito a sradicare i valori dei popoli, indebolendo l’etica e il vivere comune, inquinato, in anni recenti, da un senso dilagante di paura che, spesso fomentato ad arte, porta ad atteggiamenti di chiusura e di odio”. Di qui la sua consegna ad “aiutarci a non cedere alle seduzioni di una 'cultura dell’odio' e individualista che, forse non più ideologica come ai tempi della persecuzione ateista, è tuttavia più suadente e non meno materialista. Essa presenta spesso come via di sviluppo ciò che appare immediato e risolutorio, ma in realtà è indifferente e superficiale”. 

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