Francesco è stato il primo papa ad entrare in un Tempio evangelico valdese (22 giugno 2015), in occasione della sua visita pastorale a Torino. Durante la sua visita ha chiesto umilmente perdono ai fratelli evangelici per gli atteggiamenti e i comportamenti avuti noi loro confronti e nel corso della storia da parte della Chiesa cattolica, ed ha affermato fiduciosamente di anelare alla comunione di tutti i cristiani e che l’unità si fa in cammino.
L’orizzonte di una conoscenza condivisa
Le tre assemblee ecumeniche tenute in Europa, a Basilea (1989), a Graz (1997) e a Sibiu (2007) non hanno prodotto quei risultati che ci si attendeva. Non è un caso che dopo la terza assemblea di Sibiu, in Romania, il processo si sia bloccato. Soltanto da qualche tempo, ma ancora troppo breve, sembra che la rigidità delle posizioni non appaia più insuperabile come in passato. Nella valutazione dell’ex presidente delle Acli Luigi Bobba, oggi con papa Francesco sembra essere rinata la fiducia nella ripresa di un cammino fruttuoso. Inoltre, il tema della povertà del Concilio Vaticano II richiama alla mente la figura del cardinale di Bologna, Giacomo Lercaro, per il suo indimenticabile intervento conciliare sulla Chiesa povera e per i poveri. Suo consigliere personale e perito del Concilio era don Giuseppe Dossetti, l’ex politico democristiano poi ordinato sacerdote. Al di là di questo legame tra Lercaro e Dossetti, il tema della povertà rappresenta una porta spalancata verso la valorizzazione del protagonismo crescente delle Chiese più giovani e di quelle del Sud del Mondo. Diverse encicliche che sono state pubblicate negli anni postconciliari come la Populorum Progressio (1967) di Paolo VI; la Sollicitudo rei socialis (1987) di Giovanni Paolo II; la Evangelii Gaudium (2013) di Francesco stanno a dimostrare quanto sia diventato centrale e prioritario per la Chiesa il farsi carico responsabilmente dei drammi della fame, del sottosviluppo, dell’impoverimento crescente in tante periferie del mondo attuale.
Il nodo della misericordia
A giudizio di Bobba è difficile affermare che il tema della misericordia costituisca, da solo, l’attuazione del Vaticano II, ma rappresenta certamente un aspetto decisivo e qualificante del suo compimento perché sul tema della misericordia si condensa l’esperienza più alta del suo rapporto di amore e di “compassione” verso il mondo con cui è pronto a riconciliarsi superando la vecchia logica della condanna e dell’anatema. È importante, aggiunge Bobba, non rendere banale lo spirito della misericordia secondo un’accezione puramente “buonista” perché Francesco è pienamente consapevole che stiamo vivendo in un’epoca storica particolarmente conflittuale in cui si sta combattendo una “terza guerra mondiale a pezzi”, in cui la Chiesa non può che auto-comprendersi come un “ospedale da campo”. La nuova visione con cui la Chiesa guarda il mondo è quella di chi vuole combattere al suo fianco come “compagno di viaggio” e non più come un Giudice che dall’alto del suo scranno punta severamente il dito verso l’imputato. A partire dal Vaticano II, la Chiesa ha scelto, alla luce della Parola di Dio, di vivere il suo rapporto con il mondo e con la storia secondo la logica del rischio che è certamente quella meno rassicurante e la più esposta alle insidie della contingenza e dell’imprevedibilità. Per Bobba, se la parola misericordia significa invocare il perdono di Dio su di noi e nello stesso tempo aprire il cuore al perdono verso gli altri, allora è possibile sostenere che anche nella spiritualità della misericordia si esprime l’attuazione del Concilio.
Le porte della Casa di Dio
Quando Francesco, dopo i tragici attentati di Parigi del 13 novembre 2015, afferma di volere un Giubileo senza porte blindate, aperto a tutti anche ai fedeli musulmani, motiva questa sua richiesta dicendo che la Chiesa è solo la “portinaia” e non la “padrona” della Casa di Dio. Al tempo stesso Francesco mostra grande attenzione per tutti gli strumenti, vecchi e nuovi, della comunicazione sociale ma non fino al punto da apparire un fanatico dei social. Anzi, per lui se all’interno di una famiglia ognuno preferisce il suo cellulare o il suo computer, allora viene meno la relazione faccia a faccia e la famiglia si trasforma in un pensionato. In questo senso, Francesco è pienamente consapevole che i social rischiano di favorire la patologia della comunicazione e la disgregazione dei corpi sociali. Oggi, ammonisce Bobba, la parola “social” è diventata un sinonimo della parola “media” e dunque di comunicazione sociale a tutti i livelli (personale e di massa) e con ogni modalità (digitale e multimediale), dalla telefonata al tweet. Francesco rappresenta in qualche modo l’esempio vivente di chi riesce a comunicare con tutta la sua persona ma anche con ogni strumento, come dimostrano ora le sue parole ora le sue mani, ora le sue telefonate a qualcuno ora i suoi tweet. Contemporaneamente la Chiesa di Jorge Mario Bergoglio è “mistica”: una parola ricca di significati e che ha la possibilità di essere riferita a contesti diversi ma sempre collegati da un sottile filo di accomunamento, come quello che unisce tra loro la relazione mistica delle tre Persone divine – Padre, Figlio e Spirito Santo – e l’immagine del Corpo Mistico della Chiesa. Ma non si può dimenticare che la mistica è una specifica area della teologia spirituale. La via mistica alla conoscenza della Verità, infatti, non è semplice attività razionale e intellettualistica ma una modalità interiore e contemplativa di accedere alla comprensione del mistero di salvezza e alla relazione con Dio. Su questa via mistica del rapporto con Dio esiste un’ampia letteratura che descrive le esperienze dei grandi mistici della storia.
Teologia e ragione
Già Dante, nella Divina Commedia, sostiene che per conoscere veramente Dio occorre la mistica, incarnata dalla figura di san Bernardo che prende il posto di “guida” sia di Beatrice, che simboleggia la teologia, sia di Virgilio, che simboleggia la ragione. Sul piano della comunicazione la “nuova evangelizzazione” non conosce limiti perché può essere allo stesso tempo verbale e interpersonale, social e digitale, mass mediale e audiovisiva oppure multimediale. Nel segno del Concilio l’evangelizzazione di Francesco, a giudizio di Bobba, possiede un cuore antico ma costantemente nuovo perché frutto non di una rigenerazione già definita e avvenuta una sola volta, ma piuttosto di chi ha imparato a vivere secondo una perenne (e agostiniana) “inquietudine rigeneratrice”. Le carte del Concilio Vaticano II sono state riversate, dopo il lungo e appassionato lavoro di monsignor Vincenzo Carbone, nell’Archivio segreto vaticano, annuncia nel gennaio 2016 al sito specializzato Vatican Insider Piero Doria, officiale di ruolo dell’Archivio segreto vaticano, incaricato dell’inventario e dello studio dell’archivio del Concilio.
Nell’Archivio segreto vaticano
Dall’11 al 13 marzo 2000 l’archivio del Concilio Vaticano II veniva versato per disposizione della Segreteria di Stato nell’Archivio segreto vaticano. Questo fatto produceva nell’immediato almeno due significative conseguenze: in primo luogo, la chiusura dell’Ufficio dell’archivio del Vaticano II, istituito da Paolo VI nel 1967; in secondo luogo, la conclusione del pluridecennale lavoro di monsignor Vincenzo Carbone. Inoltre, proprio con il versamento dell’archivio del Concilio nell’Archivio segreto vaticano si poteva dare pratica esecuzione alla volontà di Paolo VI che aveva stabilito fin da subito, anche se in maniera graduale, la libera consultazione e lo studio delle carte. Infatti, dopo un breve periodo di alcuni mesi, utili per prendere confidenza con l’Archivio, il prefetto, monsignor Sergio Pagano, previo consenso della Segreteria di Stato, disponeva il libero accesso alla consultazione dell’archivio del Concilio Vaticano II. Oggi, lo studio di questo importante fondo particolare dell’Archivio segreto vaticano è favorito anche dalla presenza di un inventario analitico di 21 volumi per un numero complessivo di oltre 8.600 pagine. Ovviamente l’apertura alla consultazione dell’Archivio del Concilio Vaticano II ha favorito notevolmente l’incremento degli studi che hanno riguardato sia le dinamiche interne ai lavori di preparazione dei singoli documenti (commissioni, sottocommissioni, ecc.), sia il percorso storico di alcune parti di essi, soprattutto con riferimento alle costituzioni dogmatiche Lumen Gentium e Dei Verbum.
Collaborazione globale
Grandi attenzioni sono state riservate dagli studiosi, e continuano giustamente a essere riservate, nei confronti di quei testi che hanno rappresentato una novità assoluta per un Concilio come i documenti preparati dal segretariato per l’unità dei cristiani (Unitatis Redintegratio, Nostra Aetate e Dignitatis Humanae), ma anche le costituzioni Sacrosanctum Concilium e Gaudium et Spes e il decreto Apostolicam Actuositatem. Comunque, tutti i documenti sono ancora oggetto di studio sia in vista della preparazione di opere monografiche, sia in vista della preparazione di tesi dottorali. L’obiettivo è quello non solo di continuare la riflessione sull’evento conciliare, ma soprattutto di avvicinare studiosi di diverse regioni del mondo, creando così una collaborazione.