Ottocento anni dopo san Francesco d'Assisi, Papa Francesco solca la terra del Medio Oriente, pronto a gettare le definitive basi del dialogo, convogliate nel “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, firmato questo pomeriggio ad Abu Dhabi assieme al Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyib. Un documento con il quale, ha spiegato il Santo Padre dal palco del Founder's Memorial, “chiediamo a noi stessi e ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive”.
Dio all'origine della famiglia umana
E' un appello congiunto, quello dei due leader, non solo agli uomini di religione e di cultura ma anche agli organi di informazione, affinché vengano diffusi “i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune”. Papa Francesco, nel lodare gli Emirati Arabi “per l’impegno nel tollerare e garantire la libertà di culto, fronteggiando l’estremismo e l’odio”, ricorda che la vera libertà religiosa “vede nell’altro veramente un fratello, un figlio della mia stessa umanità che Dio lascia libero e che pertanto nessuna istituzione umana può forzare, nemmeno in nome suo”. E “il punto di partenza” di questa fratellanza, “è riconoscere che Dio è all’origine dell’unica famiglia umana. Egli, che è il Creatore di tutto e di tutti, vuole che viviamo da fratelli e sorelle, abitando la casa comune del creato che Egli ci ha donato. Si fonda qui, alle radici della nostra comune umanità, la fratellanza, quale 'vocazione contenuta nel disegno creatore di Dio'”.
La libertà
Ed è in quest'ottica che è necessario affrontare l'interrogativo del “come custodirci a vicenda nell’unica famiglia umana”, del “come far prevalere l’inclusione dell’altro sull’esclusione in nome della propria appartenenza”. Dilemmi che, ha spiegato il Santo Padre, possono essere risolti nella semplice concezione della famiglia umana: “Se crediamo nella sua esistenza… ne consegue che essa, in quanto tale, va custodita. Come in ogni famiglia, ciò avviene anzitutto mediante un dialogo quotidiano ed effettivo. Esso presuppone la propria identità, cui non bisogna abdicare per compiacere l’altro. Ma al tempo stesso domanda il coraggio dell’alterità, che comporta il riconoscimento pieno dell’altro e della sua libertà”. Un coraggio dell'alterità che converge nell'impegno a far sì che i diritti fondamentali dell'altro “siano affermati sempre, ovunque e da chiunque. Perché senza libertà non si è più figli della famiglia umana, ma schiavi”.
L'anima del dialogo
Il coraggio dell'alterità è l'anima del dialogo e, in questo, “la preghiera è imprescindibile: essa, mentre incarna il coraggio dell’alterità nei riguardi di Dio, nella sincerità dell’intenzione, purifica il cuore dal ripiegamento su di sé. La preghiera fatta col cuore è ricostituente di fraternità”. Educazione, cultura, giustizia, valori necessari da affiancare alla preghiera nel cammino comune di fraternità, memori che “i giovani, spesso circondati da messaggi negativi e fake news, hanno bisogno di imparare a non cedere alle seduzioni del materialismo, dell’odio e dei pregiudizi; imparare a reagire all’ingiustizia e anche alle dolorose esperienze del passato; imparare a difendere i diritti degli altri con lo stesso vigore con cui difendono i propri diritti”. Educazione e giustizia, ha spiegato Papa Francesco, “sono le due ali della pace”, quelle che la sostengono e le consentono di “spiccare il volo”.
Non arrendersi al diluvio e al deserto
Facendo propria l'immagine del deserto, che qui negli Emirati “è stato trasformato in un luogo prospero e ospitale”, il Santo Padre ha mostrato apprezzamento nei confronti del Paese che, in una società contemporanea in cui è “l'indifferenza” il vero “ostacolo allo sviluppo”, ha aperto “una via feconda che, a partire dal lavoro, offre speranze a molte persone di vari popoli, culture e credo. Tra loro, anche molti cristiani, la cui presenza nella regione risale addietro nei secoli, hanno trovato opportunità e portato un contributo significativo alla crescita e al benessere del Paese”. Nel concludere il suo messaggio, il Pontefice ha ricordato che “la fratellanza umana esige da noi, rappresentanti delle religioni, il dovere di bandire ogni sfumatura di approvazione dalla parola guerra”. Citando gli esempi della Siria, dello Yemen, così come dell'Iraq o della Libia, Papa Francesco ha invitato a percorrere insieme un cammino di fraternità che faccia proprio l'impegno “contro la logica della potenza armata, contro la monetizzazione delle relazioni, l’armamento dei confini, l’innalzamento di muri, l’imbavagliamento dei poveri; a tutto questo opponiamo la forza dolce della preghiera e l’impegno quotidiano nel dialogo”. Un frutto che è anche un incoraggiamento “a tutti gli uomini di buona volontà, perché non si arrendano ai diluvi della violenza e alla desertificazione dell’altruismo”.