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Bagnasco: “Non stanchiamoci di annunciare la bellezza della vita”

Sono stati molti i doni che l'incontro del papa con gli oltre 70 mila giovani provenienti da ogni parte d'Italia ci ha lasciato. Primo fra tutti un messaggio di speranza capace di abbattere il muro di insicurezza innalzato dalla nostra quotidianità e diffondersi con la forza e, al contempo, la tenerezza necessaria a infondere coraggio e voglia di rischiare, “di percorrere da pellegrini la strada dei sogni”. Forti di un esempio, quello di Gesù, che ci esorta a proseguire con fede e determinazione nel confronto perpetuo con le sfide di ogni giorno. Ma la folla di ragazze e ragazzi presente al Circo Massimo ha trasmesso speranza anche alla Chiesa e, nondimeno, al nostro Paese, posto di fronte agli spettri di una crisi demografica ma, allo stesso tempo, trovatosi dinnanzi a decine di migliaia di giovani pronti a gridare la loro presenza e la loro voglia di essere parte integrante della storia. Come spiegato a In Terris dal card. Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle conferenze dei vescovi d'Europa, “la testimonianza migliore di una Chiesa viva”.

 

Cardinal Bagnasco, l'incontro di oggi rappresenta una straordinaria dimostrazione di forza per la Chiesa italiana…
“Sì, la Chiesa italiana mostra anche in questo modo che è una Chiesa viva e fatta di giovani. E questo sebbene, purtroppo, il nostro Paese abbia un trend demografico negativo rispetto a quello di altri Stati. I giovani però ci sono, in grande parte sono vicini alla Chiesa, vogliono bene ai loro pastori, ai loro sacerdoti e vescovi e al Santo Padre. E questo è motivo di gratitudine a Dio e a loro, oltre che di speranza non solo per la Chiesa italiana ma per il nostro stesso Paese”.

Papa Francesco ci ha esortato a essere coraggiosi, a fare quel 'balzo in avanti' per fare come Gesù. Oggi essere coraggiosi significa andare controcorrente e non avere paura di criticare il politicamente corretto, ad esempio, quando si pretende di mettere in discussione quelli che Benedetto XVI chiamava i “principi non negoziabili”…
“E' vero. C'è un tentativo molto forte e diffuso di omologare il modo di pensare della gente, non soltanto in Italia ma direi in Europa. Si cerca di creare una civiltà al ribasso e di far pensare nello stesso modo le persone e i popoli. Questo è profondamente ingiusto, innanzitutto dal punto di vista umano prima ancora che cristiano, perché nessuno può rinunciare alla propria ragione, alla propria intelligenza, alla propria capacità critica, alla luce della verità. Noi cristiani, in questo senso, abbiamo la grande fortuna della fede che vogliamo condividere con tutti, che ci aiuta a ragionare nel migliore dei modi possibili e a cercare di essere coerenti, per essere di testimonianza nella società di oggi”.

In che modo questo Paese può invertire la rotta sulla natalità? Quali interventi, una classe politica responsabile, dovrebbe fare per fermare questo trend che sembra condannare a morte il nostro Paese?
“Innanzitutto, la questione va affrontata sul piano culturale. Spesso può capitare di non fare figli perché non si crede o si ha paura del futuro. Quindi, come prima cosa, è necessario favorire un modo di pensare diverso, un atteggiamento positivo verso il domani. Sul piano mediatico ci sarebbe bisogno di una maggiore valorizzazione e di un maggiore rispetto per la vita e la famiglia. Mentre dal punto di vista strettamente politico ci vogliono delle politiche di sostegno alla famiglia, come ci sono in altri Paesi dove si vedono dei frutti positivi che in Italia non ci sono ancora”.

Uno dei momenti più emozionanti dell'incontro è stato quello del silenzio. Può, questo bisogno presente nei giovani, essere la chiave di volta con cui farli accostare prolificamente alla liturgia, fonte inesauribile per le loro vite? Lei proviene dalla cosiddetta “scuola genovese”, forse la più attenta sotto questo punto di vista…
“C'è una grande tradizione infatti, perché è nato a Genova il Movimento liturgico che ha preceduto il Concilio Vaticano II nelle intuizioni fondamentali. Devo girare molti Paesi europei visto il mio nuovo compito e mi accorgo come nel deserto spirituale dell'Europa dell'ovest vi siano germogli  molto belli. Soprattutto dei gruppi di giovani che cercano luoghi di silenzio, ad esempio nei monasteri, per la preghiera e la devozione alla Madonna. Questo è un grande frutto e una grande speranza. Dovremmo seguire, noi adulti, questo input che ci viene dai giovani. Essi vivono nel rumore perché purtroppo vi sono immersi ma desiderano spazi di silenzio”.

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