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Amoris laetitia, così il Papa “risponde” ai dubia

“Per capire l’Amoris laetitia bisogna leggerla da cima a fondo. A cominciare dal primo capitolo, per continuare col secondo e così via… e riflettere”. Papa Francesco “risponde” implicitamente ai dubia espressi dai cardinali circa l'esortazione apostolica Amoris laetitia, il documento che raccoglie l'eredità del grande Sinodo sulla famiglia. Lo fa nel corso del suo viaggio apostolico in Colombia, durante l'incontro con i gesuiti. Un incontro privato, familiare, svolto sotto forma di domande e risposte, pubblicato in queste ore sulla rivista “Civiltà Cattolica”. Il Pontefice afferma di rispettare le critiche e i commenti, “perché detti da figli di Dio”, precisando: “sono sbagliati”.

La morale tomista di Amoris laetitia

Rispondendo alla domanda di insegnante di filosofia, il Pontefice chiarisce la dottrina morale contenuta in Amoris laetitia, documento che, secondo alcuni, non conterrebbe una “una morale cattolica o, quantomeno, non è una morale sicura”. “Su questo voglio ribadire con chiarezza che la morale dell'Amoris laetitia è tomista, quella del grande Tommaso. Potete parlarne con un grande teologo, tra i migliori di oggi e tra i più maturi, il cardinal Schönborn. Questo voglio dirlo perché aiutiate le persone che credono che la morale sia pura casistica – spiega -. Aiutatele a rendersi conto che il grande Tommaso possiede una grandissima ricchezza, capace ancora oggi di ispirarci”. Una missione, secondo il Papa, da svolgere anche tramite la preghiera, “in ginocchio”.

Preti accanto al popolo di Dio

Ma nell'incontro con i gesuiti colombiani, Bergoglio parla anche di pastorale giovanile, dell'essere Chiesa e del concetto di “popolo di Dio“. Un soggetto che spesso i preti, fa notare il Papa, dimenticano: “Abbiamo la tentazione di fare evangelizzazione per il popolo, verso il popolo, ma senza il popolo di Dio”. Un atteggiamento che deriva dal pensiero liberale e illuminista dell'evangelizzazione che porta a fare “tutto per il popolo, ma niente con il popolo”. Cosa fare? Il Papa indica la riposta a questa problematica nella Lumen gentium: “la Chiesa è il santo popolo di Dio. Per questo, se vogliamo sentire la Chiesa, dobbiamo sentire il popolo di Dio“. Poi avverte: “Quella di 'popolo' non è una categoria logica”, perché “si finisce per cadere in un’ideologia 'populista'”; al contrario, fa notare Bergoglio, quella di “popolo” è una “categoria mitica. E per comprendere il popolo bisogna starci immersi, bisogna accompagnarlo dall’interno“.

La grazia non è ideologia

Parla anche di superstizione e grazia: “La grazia di Dio che si manifesta nella vita del popolo non è un'ideologia – aggiunge -. Di certo ci sono tanti teologi che potrebbero spiegare molte cose importanti da conoscere sul tema”. Per Papa Francesco, la grazia “è un abbraccio, è qualcosa di più grande”. E a quelli che “affermano che il popolo è superstizioso”, il Papa consiglia “di andare a leggere Paolo VI”, che al n. 48 dell’Evangelii nuntiandi mette in evidenza “i rischi, ma anche molte virtù del popolo. Lui diceva che la religiosità popolare è, sì, aperta alla penetrazione di superstizioni. Ma diceva anche che, se è ben orientata, è ricca di valori e manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere”. Compito del pastore, allora è assumere questi tre atteggiamenti nei confronti del popolo: “avanti, a segnare la strada; in mezzo, per conoscerlo; e dietro, perché nessuno resti indietro e per lasciare che sia il gregge a cercare la strada”.

Giovani in movimento

Il Papa parla anche di giovani e di pastorale giovanile, facendo notare come oggi la pastorale “dei gruppetti e della pura riflessione non funziona più”, la “pastorale di giovani quieti non ingrana”. I giovani, si raccomanda il Pontefice, vanno messi in movimento, “sia o non sia praticante, va messo in movimento”, rimarca. “Se è credente, guidarlo ti riuscirà più facile. Se non è credente – precisa -, bisogna lasciare che sia la vita stessa a interpellarlo”, “senza imporgli niente”. Bergoglio suggerisce anche in quali attività coinvolgerli: volontariato, lavori con anziani, lavori di alfabetizzazione. Mettere il giovane in movimento, conclude, significa porlo “in una dinamica in cui il Signore comincia a parlargli e comincia a smuovergli il cuore”. “Non saremo noi a smuovergli il cuore – precisa- con le nostre argomentazioni; tutt’al più lo aiuteremo, con la mente, quando il cuore si muove”.

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