Sangue nel Wisconsin: killer 17enne spara ai manifestanti. E si ferma anche l’Nba

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Una deriva di sangue quella seguita al ferimento di Jacob Blake a Kenosha, in Wisconsin. E’ infatti di due morti e due feriti il bilancio degli scontri che, ormai da tre giorni, stanno sconvolgendo la città, insorta dopo che il 29enne afroamericano è stato colpito più volte alla schiena, perdendo probabilmente l’uso delle gambe. Una vera e propria guerriglia quella che ha attraversato le strade di Kenosha, con lancio di bottiglie e altri oggetti, ingaggiando le Forze dell’ordine per una notte intera, la terza di protesta. Al termine dei tafferugli, sull’asfalto erano rimaste due vittime, colpite rispettivamente al petto e alla testa. A sparare i colpi fatali, tuttavia, sarebbe stato un 17enne, tale Kyle Rittenhouse, ripreso da diversi filmati.

L’arresto

Il giovane, che avrebbe imbracciato un’arma semiautomatica, è stato arrestato poco dopo nella sua città d’origine, Antiochia, in Illinois. Ora è accusato di omicidio volontario, mentre gli inquirenti stanno sottoponendo ad analisi i filmati che lo avrebbero ripreso con il fucile in mano. Inizialmente, si era pensato che ad aprire il fuoco fosse stato un gruppo di persone ma, nelle ore seguenti, il cerchio si è stretto attorno al giovane, prelevato dalla Polizia che ora indaga per appurare la presenza di eventuali corresponsabili. “Il sospettato – ha spiegato lo sceriffo di Kenosha -, un diciassettenne residente ad Antiochia, è attualmente in custodia nella contea di Lake in attesa di un’udienza di estradizione per trasferirlo dall’Illinois al Wisconsin”.

Wisconsin, proteste e paure

L’ennesimo episodio di una deriva che rischia seriamente di andare fuori controllo negli Stati Uniti, sconvolti da una nuova ondata di proteste che rischia di protrarsi a lungo. A Kenosha, nonostante il coprifuoco, gli scontri sono andati avanti per tre giorni. La rabbia per il ferimento di Jacob Blake (colpito alla schiena da una scarica di ben sette colpi esplosi da un agente di Polizia) rischia di provocare un’ennesima crisi nella società degli Stati Uniti, già scossa dal caso George Floyd. Alla fine della prossima settimana, il Black Lives Matter tornerà in piazza, stavolta a Washington, per il 57esimo anniversario del discorso “I have a dream” di Martin Luther King. Il corteo avverrà in una città blindata, come lo sarà anche la Casa Bianca. Nel frattempo, anche l’Nba ha deciso di unirsi alle proteste: i Bucks di Milwaukee, a pochi minuti dalla sfida con Orlando, hanno deciso di non scendere in campo. Esempio seguito, in serie, anche da altre franchigie del massimo campionato di basket del mondo.

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