Questo pomeriggio, il Santo Padre Francesco ha lasciato la Nunziatura Apostolica e si è trasferito in auto nel Parque Eduardo VII dove, dopo aver effettuato alcuni giri in papamobile tra i giovani, alle ore 18.10 (19.10 ora di Roma), ha presieduto la Via Crucis con circa 800.000 mila giovani presenti. Quindi, prima dello svolgimento della Via Crucis, della preghiera, della benedizione finale e dell’esecuzione di un canto, Papa Francesco ha pronunciato il Suo discorso.
Il discorso del Papa
“Oggi camminerete con Gesù. Gesù è la Via e noi cammineremo con Lui, perché Lui cammina. Quando era tra noi, Gesù ha camminato, ha camminato curando i malati, assistendo i poveri, facendo giustizia… ha camminato predicando, insegnandoci. Gesù cammina, ma il cammino che più è inciso nel nostro cuore è il cammino del Calvario, la via della Croce. E oggi voi, noi, io pure, con la preghiera rinnoveremo la via della Croce. E guarderemo Gesù che passa e cammineremo con Lui. Il cammino di Gesù è Dio che esce da sé stesso, esce da sé stesso per camminare tra noi. Quello che ascoltiamo tante volte nella Messa: “E il Verbo si fece carne e camminò tra noi”. Ricordate? E il Verbo si fece uomo e camminò tra noi. E questo lo fa per amore. Lo fa per amore. E la Croce che accompagna ogni Giornata Mondiale della Gioventù è l’icona, è la figura di questo cammino. La Croce è il senso più grande dell’amore più grande, l’amore con il quale Gesù vuole abbracciare la nostra vita. La nostra? Sì, la tua, la tua, la tua, quella di ciascuno di noi. Gesù cammina per me. Dobbiamo dirlo tutti. Gesù intraprende questo cammino per me, per dare la sua vita per me. E nessuno ha più amore di chi dà la vita per i suoi amici, di colui che dà la vita per gli altri. Non dimenticate questo: nessuno ha più amore di chi dà la vita, e questo lo ha insegnato Gesù. Per questo, quando guardiamo il Crocifisso, che è tanto doloroso, una cosa così dura, vediamo la bellezza dell’amore che dà la sua vita per ciascuno di noi. Diceva una persona molto credente una frase che mi ha colpito molto. Diceva così: “Signore, per la tua ineffabile agonia posso credere nell’amore”. Signore, per la tua ineffabile agonia posso credere nell’amore. E Gesù cammina, ma aspetta qualcosa, aspetta la nostra compagnia, aspetta che guardiamo… Non so, aspetta di aprire le finestre della mia anima, della tua anima, dell’anima di ciascuno di noi. Come sono brutte le anime chiuse, che seminano dentro e sorridono dentro! Non ha senso. Gesù cammina e aspetta con il suo amore, aspetta con la sua tenerezza, per darci consolazione, per asciugare le nostre lacrime.
Ora vi faccio una domanda, però non rispondete a voce alta: ciascuno risponda dentro di sé. Io piango, qualche volta? Ci sono cose nella vita che mi fanno piangere? Tutti nella vita abbiamo pianto, e piangiamo ancora. E lì c’è Gesù con noi, Lui piange con noi, perché ci accompagna nell’oscurità che ci porta al pianto. Facciamo un po’ di silenzio, e ciascuno dica a Gesù per che cosa piange nella vita; ciascuno di noi lo dica a sé stesso, adesso, in silenzio. Gesù, con la sua tenerezza, asciuga le nostre lacrime nascoste. Gesù vuole riempire, con la sua vicinanza, la nostra solitudine. Come sono tristi i momenti di solitudine! E Lui è lì, Lui vuole colmare questa solitudine. Gesù vuole colmare la nostra paura, la tua paura, la mia paura, quelle paure oscure vuole colmarle con la sua consolazione; e aspetta di spingerci ad abbracciare il rischio di amare. Perché, voi lo sapete, lo sapete meglio di me: amare è rischioso. Bisogna correre il rischio di amare. È un rischio, ma vale la pena correrlo, e Lui di accompagna in questo. Sempre ci accompagna,
sempre cammina, sempre, durante la vita, è vicino a noi. Non vorrei dire tante cose in più. Oggi faremo il cammino con Lui, il cammino della sua sofferenza, il cammino delle nostre ansie, il cammino delle nostre solitudini. Adesso facciamo un secondo di silenzio e ciascuno di noi pensi alla propria sofferenza, pensi alla propria ansia, pensi alle proprie miserie. Non abbiate paura, pensateci, e pensate anche al desiderio che l’anima torni a sorridere. E Gesù cammina con la Croce, muore sulla Croce, perché la nostra anima possa sorridere”.
Prima stazione
“Signore, Pilato ha firmato il decreto. Ha firmato il decreto che estinguerebbe il tuo futuro. ‘Questo essere umano deve morire; non avrà più futuro’. Lo sentono tanti giovani oggi, Signore, che ci viene tolto il futuro. Ci viene detto che la vita è piena di opportunità, ma è difficile vedere dove siano quelle opportunità quando i soldi non sono sufficienti, quando non si riesce a trovare lavoro e quando l’accesso all’istruzione spesso è praticamente impossibile. Signore, anche quando ti hanno condannato a morte, non ti sei lasciato cadere. Hai spiegato a Pilato che non avrebbe alcun potere su di te se Dio non lo permettesse. E, con il Padre al tuo fianco, sei andato avanti, fiducioso nel futuro. Insegnaci a fare lo stesso”.
Seconda stazione
“Un pesante ceppo di legno è stato posto sulle tue spalle. E ti avevano già torturato. Che violenza, Signore! Sei vissuto in un mondo violento e sei stato vittima di quella violenza.
Il mondo in cui viviamo forse non è molto diverso. Guerre, attentati, sparatorie di massa ma anche violenze nei matrimoni e nelle relazioni, abusi sui minori, bullismo, abusi di potere, famiglie dove si scagliano parole pesanti come macigni. Ti hanno caricato una croce sulle spalle. Ma Tu, Signore, non ti sei arreso. Dove hai trovato la forza per continuare a camminare? Ti immagino mentre ripeti a Te stesso: ‘L’amore vincerà la violenza’.
Signore, dammi la forza di amare”.
Terza stazione
“Scusa, Signore, non sono abituato a vedere i miei eroi stesi a terra sporchi di polvere. Perché ti sei sottomesso? Troppo è l’abbandono e troppa la solitudine. Tu, da solo. È come mi sento, a volte, quando aspetto un messaggio o un abbraccio che non arrivano. E penso che sia colpa mia, che sono incapace e mi chiudo. Altre volte, penso di vivere in un mondo egoista dove ognuno guarda solo a sé stesso. Non lo so, so però che ci sono tanti giovani soli, anche quando sono circondati da altre persone. Ti guardo caduto a terra. Ti immagino alzare la testa e guardarmi. Ti immagino mentre dici: ‘Io cado con te per rialzarti con me. Vai, alzati in piedi e vai. Camminiamo insieme'”.
La testimonianza di Esther
“Sono cresciuta lontano dalla Chiesa anche se sono stata battezzata e ho ricevuto la Prima
Comunione. E mentre crescevo mi sono persa nel mondo. A poco più di 18 anni vivevo come sposata senza esserlo e avevo una relazione molto dipendente che andava di male in peggio. A 24 anni, dopo aver concluso gli studi in architettura, ho avuto un incidente che mi ha provocato la lesione del midollo spinale e a causa di questo mi trovo su una sedia a rotelle. Quanto accaduto è stato molto pesante e ha cancellato i miei progetti per il futuro, però con il passare del tempo ho scoperto che è stato un regalo. Mi ha tolto dall’ambiente in cui stavo, mi ha cambiato lo sguardo e ho compreso che non stavo vivendo bene. Mi preoccupavo molto per il futuro, desiderando di scappare dalla sofferenza. Cercavo di fare tutto da sola, perché non conoscevo il mio Padre del cielo, che avrei incontrato solo più tardi. In quegli anni Egli si prese cura di me attraverso la mia famiglia, e il personale dell’ospedale; mi ha dato la passione per lo sport e mi ha spinto a uscire di casa, facendomi trovare il lavoro che ho sempre sognato. Egli mi ha preso per mano finché ho conosciuto Nacho, il mio regalo più grande, mio marito. Tuttavia, sopraggiunsero subito alcuni problemi nella nostra relazione, non sapevamo come amarci e credevamo in tutte le cose che il mondo ci diceva. E quando il Signore permise che io restassi incinta, a causa delle difficoltà e della paura decidemmo di interrompere la gravidanza, pensando che il bambino non era ancora una persona. E dopo tutto ciò, rimasi molto triste e senza alcun senso nella vita, mai mi ero sentita tanto vuota. Qualcosa era morto dentro di me. Però il Signore nella sua infinita misericordia è venuto a cercarmi. Qualche mese dopo ho iniziato a percepire un amore così grande, tanto grande quanto inspiegabile … fino a svegliare la mia coscienza. E mi sono confessata, dopo molti anni, provando un profondo pentimento per tutta la sofferenza che ho provocato a questo Padre che tanto mi ha amato. Egli mi ha insegnato a vivere in altra maniera e a ritornare in Chiesa, dove sapevo che sempre mi aspettava.
Allora mi ha regalato una nuova gravidanza e questa volta l’ho accolta con gratitudine. Ed è nata la mia preziosa Elisabeth, che amo alla follia. Sopraggiunsero ancora nuovi problemi, stavo in una fase di cambiamento e Nacho non lo capiva. Per tale ragione ho conosciuto i COF – Centri di Orientamento Familiare -, dove ti aiutano nelle difficoltà. Lì ci hanno insegnato a migliorare la nostra comunicazione. Nacho si entusiasmò ad andare a un ritiro e al suo rientro la nostra relazione iniziò a migliorare. Il 7 maggio del 2022 ci siamo sposati, è stato meraviglioso celebrare il Sacramento coscienti che il Signore sarebbe
stato sempre con noi per insegnarci come amarsi. Continuiamo attraversando momenti di difficoltà e avendo problemi quotidiani, però siamo certi che tutto ha un significato e che Egli ci tiene per mano, anche in braccio quando ne abbiamo bisogno”.
Quarta stazione
“Probabilmente, tra le urla della folla, hai sentito la voce di tua madre. Una voce dolce, inconfondibile. ‘Figlio mio, sono qui’. Hai cercato il suo volto. L’hai trovato sereno che diceva ‘sì’ con la testa. ‘Sì’. Era tutto quello che volevi vedere. Un segno di conferma. Un segno che proveniva dal puro amore. Come a dire: ‘Vai avanti, impegnati, impegnati per il Bene. Dio ti aiuterà’. Parlami all’orecchio, oh madre di Gesù. Parlami d’amore, parlami di impegno. Impegno per il Bene. Non lasciarmi seduto in attesa. In attesa del ‘momento ideale’, della persona ideale, del lavoro ideale, della Chiesa ideale. Non lasciarmi seduto a sognare, mentre il mondo va avanti senza di me e senza ciò che avrei da offrirgli. Maria, aiutami ad abbracciare la mia vocazione”.
Quinta stazione
“I soldati costrinsero un uomo di nome Simone a portare la croce di Gesù. Non glielo hanno chiesto, lo hanno costretto. Con la forza. Era uno che veniva dalla campagna. Non era nemmeno romano. Non contava, non aveva il diritto di dire se lo voleva o no. Oggi il mondo è pieno di esclusioni e intolleranze. Ci sono minoranze che non hanno il diritto di parlare
e nemmeno di esistere. In molti paesi non si può nemmeno praticare la propria religione. Ci sono molte persone che non possono esprimere liberamente le loro idee. Ogni gruppo vuole imporre il proprio modo di vedere le cose e allontanare chiunque la pensi diversamente. A volte anche all’interno della Chiesa. Talvolta anche nei nostri cuori. Tu, Signore, sei stato vittima dell’intolleranza. Ma non ti sei lasciato prendere dall’odio. Ed è per questo che puoi essere un ponte tra tutti. Insegnaci ad essere costruttori di ponti ovunque ci troviamo”.
Sesta stazione
“Signore, una donna ha attraversato la folla per ripulire il tuo volto e nel suo panno si è impressa la Tua immagine. Amare è questo, è lasciarsi commuovere dal volto dell’altro, anche sfigurato. Il volto del figlio che si ama, dell’amico che si ama, del povero che si ama, della moglie o del marito che si ama. Il volto della Chiesa che si ama, anche se sfigurata. Amare è lasciarsi attrarre dal volto dell’altro. Ma noi giovani viviamo in un mondo individualistico. Ci è stato detto mille volte che ciò che contava di più era la nostra immagine e la nostra autorealizzazione. Che avevamo il diritto di essere felici e che
dovevamo pensare prima a noi stessi. Ed eccoci qui, egocentrici, ognuno concentrato sul suo cellulare, nei propri interessi, sulla propria isola, in attesa di una felicità che non arriva. Perché la vera felicità sta nel lasciarsi attrarre dal volto dell’altro”.
Settima stazione
“Di nuovo a terra, Signore? Quando siamo caduti una volta, abbiamo pensato che fosse un incidente, che fossero le circostanze. Quando cadiamo più spesso, ci spaventiamo. Con il timore che ci sia qualche problema di fondo in noi. Uno squilibrio. Oggigiorno noi giovani, Signore, abbiamo spesso una mente complicata. Soffriamo di ansia e depressione, problemi alimentari, burnout. A volte ci chiediamo chi siamo e se vale la pena vivere la vita. A volte, ci sentiamo molto giù, a terra. Peggio che avere un problema, è sentirsi un problema.
Ti guardo caduto a terra. Ti immagino mentre dici: ‘Io cado con te per rialzarti con me. Vai, fatti aiutare, rimettiti in piedi e vai avanti. Andiamo insieme'”.
La storia di João
“Sono João, ho 23 anni. Ero al secondo anno della Facoltà quando è iniziata la pandemia e la vita di tutti i giorni, che pensavamo fosse garantita, ha lasciato posto a un giorno dopo l’altro fatto di paura, dubbi e pieni di realtà artificiali… comunicare, studiare e finire l’università tramite uno schermo. Allo stesso tempo, uscire di casa generava in noi un senso di colpa davanti al fantasma di poter contagiare un familiare. Con tutta questa tempesta, al termine delle lezioni nel 2021, ho dovuto ricorrere al pronto soccorso di un ospedale, con fortissimi dolori di testa e malessere. Il medico mi ha spiegato che il nostro corpo – poiché
diamo più valore al dolore fisico – si trova programmato per inviare segnali per prenderci cura della nostra salute mentale. Un’espressione che ci siamo abituati a sentire più che mai (nonostante appaia ancora scomoda per tanti ammetterla) è questa: abbiamo bisogno di uno psicologo, come io ho avuto necessità. È difficile riconoscere la nostra fragilità, chiedere aiuto e rendersi conto che non siamo autosufficienti; abbiamo paura di essere un peso e di imbattere in un rifiuto. Nel mio caso, il periodo di isolamento si è trasformato in un esercizio di ascolto di me stesso. Sono tornato indietro nel tempo per rivisitare il periodo
in cui sono stato vittima di bullismo a scuola; quanto ciò mi ha segnato, le insicurezze che ha causato e la vera crociata interiore che ho mosso senza successo per scoprire cosa c’era di sbagliato in me. Vorrei poter dire che è stato facile pensare a questa testimonianza, ma non è vero! La realtà è che ho spesso rimandato la riflessione sui segni lasciati dalla pandemia. E in quell’atto di rinvio, che è di inerzia, ho capito che la pandemia mi aveva cambiato e reso tante volte più arido. Nel mio caso, l’isolamento che sento oggi non
obbedisce più alle regole di sicurezza, ma se la mia fede e la mia energia sono venute meno, se non riesco a donarmi e farmi coinvolgere, allora persiste un isolamento silenzioso, un isolamento emotivo, che l’assenza di mascherine non è riuscito a tacere. Di solito la persona che soffre di più è chi non si sente accolto. Dobbiamo pensare sul modo come accogliamo coloro che ne hanno più bisogno…. Noi siamo la Chiesa di Colui che, dopo essere stato escluso, è diventato Pietra angolare. La fede mi aiuta sempre quando
cado. La fede in una Chiesa pellegrina, dove nessuno resta fuori e, ispirata alla testimonianza della Madonna, si alza e sceglie come percorso le case e i cuori di coloro che si sentono ai margini. Insieme, come Umani, è possibile vincere ogni isolamento, ogni individualismo”.
Ottava stazione
“Per strada, Signore, ti sei imbattuto in donne che piangevano per te. ìNon piangete per Me – hai detto loro – piangete per voi e per i vostri figli’. Non volevi lacrime facili che non cambiassero nulla. Volevi che quelle donne pensassero a sé stesse e al mondo che avrebbero lasciato alla generazione seguente e al futuro. Anche noi ci chiediamo come sarà il nostro futuro su questo pianeta. Assistiamo al consumo incontrollato delle risorse della terra, all’estinzione di alcune specie, alla devastazione delle foreste. Siamo spaventati dal cambiamento climatico e ci sentiamo molto insicuri riguardo al futuro. E tutto questo associato a stili di vita squilibrati che fanno morire di fame alcuni mentre altri si ammalano per aver mangiato troppo. Signore, insegnaci ad avere stili di vita più semplici, più solidali, più consapevoli delle conseguenze, più vicini all’essenziale. Più simili a te”.
Nona stazione
“Per la terza volta a terra, Signore? Ho paura per Te, ho paura che non riuscirai ad alzarti. O che cadrai di nuovo, non appena ti rimetti in piedi. Forse vuoi avvicinarti a quei giovani che cadono di nuovo ogni volta che provano a rialzarsi. Tanti ci accusano di essere deboli, di non resistere alla droga, alla pornografia, all’alcool. Ci accusano di rifugiarci nei nostri schermi fino a diventarne dipendenti. Semplicemente non capiscono che alzarsi potrebbe richiedere una forza che non si ha più. E una fede che si è già persa. Ti guardo steso a terra. Ti immagino dire a ogni giovane con una dipendenza: ‘Io cado con te perché tu
possa rialzarti con me. Vai, cerca aiuto, alzati e vai avanti. Con me, questa volta, ce la farai. Camminiamo insieme'”.
La vicenda di Caleb
“Ci sono momenti in cui ripenso ai giorni in cui ero più giovane e provo un profondo dolore e, allo stesso tempo, una grande gioia. La realtà della mia vita è che sono una delle pecorelle smarrite che Gesù è venuto a cercare. Sono cresciuto in una famiglia molto disastrata, con un padre che non si rendeva conto del proprio valore e della sua identità in Cristo ed era gravemente provato. Come risultato delle sue sofferenze, ha ferito gli altri. Una delle mie fughe dalla vita domestica era la chiesa. Mi è sempre sembrato che fosse la mia casa lontano da casa. Sono cresciuto secondo diverse tradizioni cristiane, ma ho sempre avuto nell’anima il desiderio di qualcosa di più. Volevo quell’incontro con Gesù che tutti intorno a me avevano, ma che io non avevo ancora sperimentato. Non capivo che per tutto quel tempo Lui era al mio fianco. In prossimità del diploma di scuola superiore, i miei genitori hanno vissuto un divorzio orribile e il mio mondo è andato fuori controllo. Sono sprofondato nella depressione, ho lottato con l’autolesionismo, sono diventato tossicodipendente e ho desiderato porre fine alla mia vita. Ho lasciato che il dolore mi
portasse ad abbracciare i miei desideri egoistici. Tutto ciò che conoscevo era scomparso e non avevo alcun senso dell’orientamento. La mia testa era in un posto così buio a causa di tutto il dolore e cercavo una ragione per vivere. Il Signore ha ascoltato il mio grido dall’abisso e mi ha mandato il dono più bello. Una persona che alla fine è diventata la mia sposa. Una volta incontrata mia moglie, ho trovato una ragione di vita e il desiderio di accrescere la mia fede. Volevo la stessa passione che lei aveva per Gesù, ma lottando
con i fantasmi del mio passato, mi sembrava sempre irraggiungibile. Dopo esserci frequentati un po’, ci siamo separati per un periodo e mi sono trovato di fronte a una scelta da fare. Potevo permettere a Gesù di prendere completamente il controllo della mia vita o ricadere nelle vecchie abitudini. Per Sua grazia, ho perseverato. Facendo l’apprendista in un negozio di tatuaggi, ho conosciuto il dolore dei dimenticati dalla società e lì ho visto veramente Gesù per quello che era. Dopo una lunga guarigione, io e mia moglie siamo
tornati insieme e ci siamo sposati. Ci impegniamo molto nella nostra chiesa e sono stato incaricato di trasmettere la fede agli studenti, ma mi sono reso conto che non ne comprendevo la pienezza. Ho iniziato a fare ricerche sulla Chiesa primitiva, sia con risorse bibliche sia storiche. Per farla breve, è stato il messaggio di Giovanni 6, Gesù nell’Eucaristia, a riportarmi a casa nella piena comunione con la Chiesa cattolica. Riflettendo, ho capito che la ferita paterna che ho avuto mi ha causato una crisi d’identità, ma dopo aver abbracciato la personalità che il Padre celeste mi ha dato, le ferite hanno finalmente iniziato a guarire. L’unione completa con Gesù nell’Eucaristia è ciò che ha sanato la mia anima. Dopo aver provato tutto ciò che questo mondo ha da offrire, Lui è l’unico che mi ha veramente saziato.”
Decima stazione
“Ti hanno spogliato, Signore, ti hanno denudato. Ti guardo sereno e fiducioso nella tua nuda verità. Anche senza vestiti, non smetti di essere quello che sei perché non ti sei mai preso la briga di costruire un’immagine di te stesso. Tu nella Tua umiltà, Tu nella Tua integrità. Tu nella Tua verità. Ma viviamo in una terra di specchi dove ciò che conta è l’apparenza, l’immagine. Un selfie dopo l’altro. La tirannia del corpo giusto e del sorriso perfetto. Foto di sé stessi sui social in pose attentamente studiate. Post artificiali che aspettano i like degli altri. Terribile sensazione di non poter essere noi stessi, di doverci vendere per piacere alle persone e non rimanere isolati. Narcisismi che, alla fine, ci lasciano
soli su isole lontane. E tu nudo, così come sei, senza vergognarti di essere ciò che sei. Non vivevi per l’apparenza, ma per il Bene. Insegnami, Signore. Dammi la forza di essere diverso, di non vivere in funzione dell’immagine, ma nella fedeltà alla mia coscienza”.
Undicesima stazione
“Un chiodo per ogni polso, un terzo nei piedi. Eri così, inchiodato. Inoltre ti gridavano dal basso: ‘Non sei tu il Figlio di Dio? Scendi dalla Croce!’ Ma la Croce non era una situazione in cui ti trovavi per puro caso; era la conseguenza inevitabile di non aver rinunciato ad amare fino alla fine. Il confronto tra l’amore e la violenza nel mondo. Oggi molte persone cercano disperatamente di sfuggire a situazioni disumane. Fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla mancanza d’acqua, dalle persecuzioni politiche. La loro casa ha cessato di essere il loro
rifugio ed è diventata il luogo di una probabile morte. Cercano di rifugiarsi in qualche altro posto nel mondo, che un giorno potrebbero chiamare ‘casa’. Inchiodato sulla croce, Signore, infondi coraggio a tutti i giovani costretti a fuggire per non perdere la vita. E a chi vive, comodo nella sua casa, dona un cuore come il Tuo”.
Dodicesima stazione
“’Padre, nelle tue mani affido il mio spirito’. Ti sei abbandonato tra le braccia del Padre. Hai emesso l’ultimo respiro e sei morto. E con te, sono morte tutte le parole che non hai potuto dire, tutti gli abbracci che non hai potuto dare, tutte le guarigioni che non hai potuto fare. Sembra uno spreco, Signore! Quante cose buone avresti potuto fare in qualche decennio in più di vita! Eppure le tue parole sono state: ‘Tutto è compiuto’. Non c’era più niente da realizzare. Perché lì, sulla Croce, ci hai lasciato tutto ciò che serviva per salvarci: l’amore puro, anche se impotente e apparentemente inutile. Oggi conta solo chi produce. Gli anziani non contano, i disabili non contano, i disoccupati non contano, i sognatori non contano. E i giochi dei bambini non contano, bambini spesso costretti a lavorare per guadagnare o a studiare sempre di più per essere un giorno ‘veri vincitori’ nel mercato del lavoro. Tuttavia, ciò che salva è l’amore. Nascondimi nelle Tue piaghe traboccanti d’amore, Signore!”-
Tredicesima stazione
“Pietà. Gesù tra le braccia di Maria. Un figlio sulle ginocchia della madre. La verità più pura dell’amore disinteressato. La Parola che riposa nel silenzio. Mentre noi siamo persi in un mondo saturo di parole frettolose, informazioni, notizie, pubblicità, interessi, in cui non sappiamo più distinguere verità e menzogna, né sappiamo più a chi credere! Signore, non devo sapere tutto, non voglio sapere tutto. Voglio solo capire cosa conta sapere per essere
una persona migliore e creare un mondo più umano. Dammi un grande amore per tutto ciò che nel mondo è puro, vero, semplice e umano”.
Quattordicesima stazione
“Il cimitero. La Fine. Quando la pietra rotolò all’ingresso del sepolcro, sembrò che tutto fosse definitivamente finito. Sembrava, Signore, che Tu e il Tuo modo di amare non foste altro che un’illusione, una speranza ingannevole in un ipotetico trionfo del bene sul male. Sembrava che tutto fosse finito, che bisognasse essere realisti, che il mondo fosse davvero per i furbi e non per chi sogna il Bene, come te. Tante volte nella nostra vita sembra che non ci sia futuro. Non vediamo alcuna luce alla fine del tunnel. Abbiamo paura di guardare avanti. Non riusciamo a prendere decisioni, né vediamo la direzione verso cui la storia potrebbe continuare, vediamo solo il percorso bloccato da grandi ostacoli davanti a noi.
È qui che dobbiamo sentire la voce di Maria. Maria parla dei punti di arrivo che diventano punti di partenza, dell’apparente morte di un albero in inverno che si appresta a fiorire in primavera, delle tombe che sono porte di risurrezione”.